IL PROCESSO
VENEZIA Otto anni di reclusione per aver provocato la morte di quattro

Domenica 19 Luglio 2020
IL PROCESSO VENEZIA Otto anni di reclusione per aver provocato la morte di quattro
IL PROCESSO
VENEZIA Otto anni di reclusione per aver provocato la morte di quattro ragazzi di appena 22 anni, speronando la loro vettura mentre rientrava da un sorpasso.
Marius Alin Marinica, 28 anni, elettricista di nazionalità romena residente a Musile, è stato condannato ieri in quanto riconosciuto responsabile dei reati di omidicio stradale plurimo e fuga. Il giudice per l'udienza preliminare di Venezia ha disposto anche la revoca della patente di guida e lo ha condannato al risarcimento dei danni materiali e morali provocati ai familiari delle giovani vittime: Riccardo Laugeni, Eleonora Frasson, Leonardo Girardi e Giovanni Mattiuzzo, tutti di Musile di Piave. Per mancanza di querela la sentenza ha escluso il reato di lesioni colpose a danno di Giorgia Diral, la quinta ragazza che si trovava a bordo della Ford Fiesta assieme ai quattro amici, l'unica che è riuscita a salvarsi miracolosamente quando l'auto finì nelle acque del canale che costeggia via Pesarona, a Ca' Nani di Jesolo. Giorgia va considerata comunque danneggiata nell'incidente e a lei Marinica (o meglio la sua assicurazione) dovrà risarcire i danni morali (ma non quelli materiali). La quantificazione dei risarcimenti spetterà al Tribunale civile: gli stessi legali che si sono costituiti parte civile non hanno formulato alcuna richiesta di provvisionale. «La nostra iniziativa non è finalizzata al risarcimento, ma alla partecipazione al processo», ha precisato l'avvocato Guido Simonetti.
La pena inflitta al ventottenne è la stessa che, a conclusione della precedente udienza, aveva sollecitato il rappresentante della pubblica accusa, il pm Giovanna Gasparini.
«PENA TROPPO MITE»
I familiari delle giovani vittime hanno ascoltato in silenzio la lettura del dispositivo, per poi fermarsi alcuni minuti con il loro legale per avere chiarimenti sulla decisione del giudice. All'uscita dell'aula bunker di Mestre soltanto qualche pacata considerazione critica, formulata dalla madre di Riccardo, secondo la quale otto anni non possono essere considerati una pena equa per la morte di quattro ragazzi. «Questo non è un bel messaggio per chi non rispetta la legge», ha dichiarato la signora Laugeni, che dopo il grave incidente stradale ha costituito un'Associazione, denominata Alba, per fare opera di sensibilizzazione. «Proseguirò la mia battaglia con l'associazione, anche nelle scuole, per far passare tra i giovani il messaggio che è necessario rispettare le leggi, per un futuro migliore».
Nessun commento da parte del difensore dell'imputato, l'avvocato Rodolfo Marigonda, il quale aspetta di leggere le motivazioni (che saranno depositate tra 60 giorni) per decidere l'appello. Marinica per il momento resta agli arresti domiciliari: ha chiesto però di poter uscire per andare a lavorare per mantenersi.
RITO ABBREVIATO
Poiché il processo è stato celebrato con rito abbreviato, Marinica ha usufruito dello sconto di un terzo della pena: il giudice, dunque, è partito da una pena di 12 anni. Prima della riforma del 2016, i reati stradali erano puniti in maniera molto più lieve e, per un episodio simile, sempre di natura colposa (ovvero provocato da un'imprudenza fatale) la pena sarebbe stata di poco superiore ai due anni. Per un omicidio volontario senza aggravanti e con tutte le possibili attenuanti, un imputato può essere condannato ad un minimo di 8 anni.
Il grave incidente stradale si verificò nella notte tra il 13 e il 14 luglio dello scorso anno. La vettura condotta da Marinica procedeva in direzione Venezia a 100 chilometri all'ora (il limite era di 70) quando rientrò da un sorpasso stringendo troppo ed entrando in collisione con la fiancata sinistra della Ford Fiesta condotta da Riccardo Laugeni (che viaggiava a 77 chilometri all'ora), facendola finire nel canale dopo una breve corsa giù per una scarpata. Probabilmente i quattro ragazzi sono morti annegati, ma la certezza non è possibile averla in quanto la Procura non ha disposto l'autopsia sui corpi essendo evidente il nesso causale tra incidente e decessi.
L'elettricista non si fermò a prestare soccorso e durante linchiesta ha sostenuto di non essersi reso conto dell'accaduto, avendo avvertito soltanto un piccolo urto allo specchietto. A seguito della fuga la Procura non è riuscita a provare che il giovane avesse bevuto troppo quella sera. L'auto di Marinica fu individuata grazie ad una donna che, poco prima, aveva chiamato la polizia per segnalare la guida spericolata di un automobilista, impegnato in più di un sorpasso azzardato, e aveva fornito la sua targa.
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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