Il primo lupo ammazzato in Veneto

Mercoledì 26 Settembre 2018
BRACCONAGGIO
VENEZIA Gli hanno sparato al collo. Con un fucile caricato a pallettoni. L'ha trovato un agricoltore della zona. Adesso la carcassa è nella sede veronese dell'Istituto zooprofilattico, dove sarà sottoposto a esame necroscopico. Pesava una quarantina di chili. Era un giovane adulto esemplare di lupo. Il primo lupo ammazzato in Veneto. Chi l'ha stecchito rischia la galera. Perché il lupo è una specie protetta, non si può ammazzare come una lepre o un fagiano, anche se il Veneto, con una proposta di legge presentata dal capogruppo leghista Nicola Finco aveva chiesto di consentire gli abbattimenti per evitare le continue razzie di greggi. Adesso che un lupo è stato sparato è di nuovo polemica tra chi accusa la Regione di essersi mossa troppo tardi e chi, come lo stesso assessore regionale all'Agricoltura Giuseppe Pan, accusa nientemeno che il ministro dell'Ambiente Sergio Costa, contrario a prevedere gli abbattimenti controllati: «Il protrarsi delle non decisioni in sede nazionale ed europea - dice Pan - non fa che esasperare gli animi».
GLI ANIMALISTI
L'uccisione del lupo risale a lunedì, giornata di caccia per il calendario veneto. È successo a Roverè Veronese, ma fuori dell'ambito del Parco della Lessinia. Una delle ipotesi è che uno o più cacciatori di lepri abbiano avvistato il lupo e non abbiano esitato a sparare. Appena la notizia è diventata ufficiale i fronti si sono spaccati tra accusatori della Regione e accusatori dello Stato.
Nella prima categoria rientra Andrea Zanoni, consigliere regionale del Pd, fondatore dell'Intergruppo per il Benessere e la Conservazione degli animali: «Era solo questione di tempo, la Regione è totalmente assente sul fronte della gestione del lupo e rischia di lasciare carta bianca ai bracconieri diventandone complice. Mi auguro che adesso abbia almeno la decenza di costituirsi parte civile nell'eventuale processo». La Lav, Lega Antivivisezione, ha diffuso l'immagine del lupo ammazzato.
CRITICHE AL GOVERNO
L'altro fronte è quello di chi sostiene che le azioni messe in campo dalla Regione - recinti elettrificati per proteggere il bestiame, cani pastore, indennizzi per i capi predati - non bastano. Perché i lupi in Veneto sono tanti, più di una quarantina. E siccome fanno danni, vanno contenuti. Cioè ammazzati. Solo che per consentire alle guardie forestali di abbattere un certo numero di esemplari serve un Piano nazionale di gestione che compete al ministero dell'Ambiente e non certo alle Regioni. Tant'è che una legge di Trento e Bolzano che prevedeva la possibilità di sparare ai lupi è stata impugnata dal Governo. Ma il ministro Sergio Costa - secondo il Veneto - deve darsi una mossa. «Non posso non mettere in connessione - dice l'assessore Pan (Lega) questo grave episodio con l'alto clima di tensione che si è venuto a creare nella aree montane del Veneto, tradizionalmente vocate alla pastorizia e all'allevamento, di fronte al proliferare incontrollato del lupo. Purtroppo lo status di protezione totale e di intoccabilità del lupo, sancito dalla legislazione europea e nazionale, mette in crisi l'equilibrio ecologico tra prede e predatori. E il protrarsi delle non decisioni in sede nazionale ed europea non fa che esasperare gli animi».
LE REAZIONI
«Uno Stato che non è capace di stabilire un equilibrio è uno Stato fallito, l'esasperazione porta a questo», sbotta il consigliere regionale Stefano Valdegamberi (Gruppo Misto), veronese della Lessinia, da sempre in prima linea nel denunciare gli attacchi dei lupi al bestiame. Sulla stessa linea il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti (Lega): «I danni creati dai grandi predatori hanno portato all'esasperazione». E così pure il capogruppo FdI e paladino delle doppiette Sergio Berlato: «I cacciatori non sono interessati ai lupi, il piano nazionale di gestione va approvato per impedire che la gente esasperata si difenda da sola».
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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