«Il Pd non è autosufficiente Così proviamo a vincere»

Giovedì 20 Febbraio 2020
VERSO LE ELEZIONI
VENEZIA I suoi detrattori dicono che si è voluto liberare di Arturo Lorenzoni in vista delle elezioni di Padova nel 2022. Gli amici, al contrario, gli riconoscono il merito di essere riuscito a estendere lo schema padovano alla Regione e quindi di aver gettato le basi per tentare di conquistare, tra un quinquennio, Palazzo Balbi. Comunque la si voglia mettere, dietro l'operazione civica approvata con non poche lacerazioni dal Partito Democratico per le Regionali di maggio, c'è un giovanotto di 34 anni che non è mai stato iscritto ai Ds e neanche alla Margherita e che per quattro anni, dal 2013 al 2017, è stato segretario dei dem in provincia di Padova. Ora siede sia in direzione regionale che nazionale del partito, oltre ad essere il portavoce del sindaco Sergio Giordani. «Io lo stratega? Non è vero», dice Massimo Bettin. Che però difende con vigore la scelta di candidare a governatore Lorenzoni. Anche se il Pd dovesse perdere voti come a Padova nel 2017? «Se il Partito Democratico si apre ai mondi civici, in prospettiva può esserne punto di riferimento. A Padova è successo: non ci sono più i sovranisti a governare la città e il partito è cresciuto sia alle Politiche che alle Europee».
LA STRATEGIA
«Nel Pd non c'è stata una conta su un cognome - dice Bettin - C'è stata una discussione importante su un nuovo schema di gioco in Veneto che può avviare, e non solo a livello regionale, una fase di lungo periodo con elementi nuovi». Il ragionamento di Bettin è che «il Pd in Veneto non è autosufficiente. Lo abbiamo visto anche quando eravamo al 40%, epoca Renzi Europee 2014. E se un partito non è autosufficiente, il suo gruppo dirigente deve interrogarsi sul da farsi. Non fare questo sforzo sarebbe da irresponsabili». Anche nel 2015 il Pd aveva altre liste di supporto, stavolta dov'è la differenza? «La differenza è che ci rivolgiamo a un vasto polmone civico, forse troppo eterogeneo, che se si organizza può rappresentare per il futuro un importantissimo compagno di viaggio. Con l'obiettivo di vincere. A Padova, Belluno, Adria è successo. Perché non dovrebbe succedere anche in Veneto?».
I SEGNALI
Bettin dice che i segnali ci sono: le 2.500 Sardine a Padova, la marcia nel parco della Lessinia. «Ma sono meccanismi che non possono consolidarsi in passaggi assembleari, vanno consacrati nelle urne». Il Pd non rischia di rimetterci? Secondo Bettin no: «Vedo più opportunità che rischi per il Partito Democratico. Il passo a lato del Pd non è sui contenuti, ma sul candidato presidente, con la prospettiva però di fare dieci passi in avanti e farli diventare strutturali, non episodici». Certo, dice Bettin appoggiando l'appello dei sindaci ai centristi, in questo nuovo schema di gioco c'è bisogno di tutti. Obiezione: Lorenzoni ha fama di essere troppo di sinistra. «Non è così. Arturo conta sul sostegno decisivo di ambienti cattolici e delle libere professioni, altro che estrema sinistra. Semmai, adesso i mondi civici dovranno dimostrarsi all'altezza di superare alcuni pregiudizi nei confronti dei partiti e avviare percorsi realmente inclusivi. Fino ad ora il Pd ha scelto di giocare nel campo di gioco di Zaia, cioè puntando su un elettorato moderato. Ma, che piaccia o no, Zaia è il leghista più moderato che possa esserci, tanto che il nostro gruppo consiliare non può che essere ringraziato per il lavoro che ha svolto in condizioni direi proibitive. Solo che non è contrapponendo a Zaia una brutta copia che si può rompere il gioco di specchi. Questo non significa spostarsi a sinistra. Significa cambiare schema di gioco. Scommettiamo che su certi temi, ambiente, lavoro, salute, potremmo intercettare anche voti di destra?».
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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