IL CASO
DOLO (VENEZIA) Uno con il fioretto, l'altro con la sciabola: in entrambi

Martedì 18 Febbraio 2020
IL CASO
DOLO (VENEZIA) Uno con il fioretto, l'altro con la sciabola: in entrambi i casi, le stoccate sono arrivate. Quale miglior occasione del taglio del nastro del nuovo Centro di documentazione e d'inchiesta sulla criminalità organizzata di Dolo (inaugurato ieri, appunto) per presentare allo Stato il conto delle pesanti carenze di organico di chi è in prima linea per combatterla? Da una parte il procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi, dall'altra il prefetto lagunare, Vittorio Zappalorto. Poteri e istituzioni diverse, identico messaggio: ci servono uomini (e donne), a queste condizioni tenere testa alla mafia è diventata un'impresa ai limiti dell'impossibile. «Le operazioni chiuse nell'ultimo anno hanno portato a circa 150 ordinanze di custodia cautelare - spiega Cherchi - eppure Roma si è dimenticata del Veneto per quanto riguarda la gestione dei magistrati. Abbiamo organici inferiori rispetto a Milano e Torino, così non è facile. Lo Stato non può pensare che il Veneto sia ancora quello degli anni 50 e 60, quelli in cui si viveva con porte e finestre aperte di notte. Abbiamo bisogno di magistrati e di amministrativi, abbiamo delle inchieste bloccate per mancanza di personale nelle cancellerie». E Cherchi ne ha per tutti: non solo Roma, anche Venezia deve metterci del suo. «È necessario che il governo locale si ponga qualche problema, sia la Regione sia i Comuni possono dare contributi maggiori. Se davvero si vuole affrontare la criminalità organizzata, è fondamentale e giusto che ci sia un intervento anche delle istituzioni locali».
IL CAMBIAMENTO
Il Veneto è cambiato, e non così velocemente come sembra, in realtà. A capirlo, però, ci si è arrivati in ritardo, come sottolinea il prefetto Zappalorto. «Siamo nel cuore del Nordest - aggiunge - una delle zone più produttive d'Europa, cosa c'entra la criminalità organizzata con questo territorio? I veneti lavorano tanto, troppo a volte. Pensano a produrre ricchezza, reddito, vanno persino in giro con un'auto scassata per non dare nell'occhio e per non attirare l'attenzione del fisco. Abbiamo sempre pensato che la mafia fosse estranea a questo mondo. Non siamo stati in grado di vedere o non abbiamo voluto vedere?» Sono servite le inchieste dell'ultimo biennio per aprire gli occhi. «Le indagini hanno rivelato l'esistenza di realtà criminali che nessuno pensava così radicate - prosegue il prefetto - indagini che sono state portate a termine senza integrazioni o assegnazioni straordinarie di organico a polizia e finanza. Ora la palla passerà ai tribunali: i processi si faranno in strutture che raggiungono la metà di ciò che serve in termini di personale. Pensate a cosa si potrebbe fare se fossero messe a disposizione le risorse umane necessarie. La riforma più semplice per snellire i processi è dare una copertura amministrativa alle leggi».
La ministra dell'Interno Luciana Lamorgese incassa e risponde: gli organici verranno rimpinguati, già nel prossimo anno in Veneto arriveranno 115 uomini tra polizia, carabinieri e finanzieri. Non basta, ma è un inizio.
«Il ministro Bonafede - spiega l'ex prefetto di Venezia - dopo il provvedimento sulla giustizia penale approvato giovedì scorso ha parlato di aumento degli organici. Certamente se la situazione in Veneto è così grave se ne terrà conto in sede di assegnazione di nuovo personale».
I CASALESI
L'inaugurazione del centro, presieduto dal giornalista Maurizio Dianese, storica firma del Gazzettino, arriva in un periodo particolare: domani, infatti, sarà trascorso esattamente un anno dalla maxi ondata di arresti a Eraclea contro il clan casalese di Luciano Donadio. In carcere, allora, finì anche l'ex sindaco Mirco Mestre, accusato di voto di scambio e da allora il Comune è ancora commissariato. La procedura per lo scioglimento è ancora in atto: il prefetto ha inviato la sua relazione al ministero, che ora avrà tempo fino al 18 marzo per esaminare il rapporto e prendere una decisione. Eraclea, quindi, potrebbe essere il primo Comune veneto a essere sciolto per mafia. «C'è sempre una prima volta - aggiunge Lamorgese - purtroppo la mafia e la ndrangheta si insinuano nella società civile ed è un problema che investe tutte le realtà, del Sud, del Centro e del Nord. Noi ci prenderemo tutto il tempo necessario per concludere l'iter, ma se si dovesse verificare lo scioglimento non lo si dovrebbe interpretare solamente con un'accezione negativa. È un modo anche per sanificare il territorio e ricominciare da principi di legalità».
Davide Tamiello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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