FINE DI UNA STORIA
PADOVA È stato per anni uno dei giornali cattolici più

Venerdì 7 Dicembre 2018
FINE DI UNA STORIA
PADOVA È stato per anni uno dei giornali cattolici più diffusi al mondo e il mensile più letto d'Italia. Con una diffusione che copriva tutti i continenti e da Padova raggiungeva 148 Paesi. Ma la lunga crisi della carta stampata non ha risparmiato neppure il Messaggero di Sant'Antonio, la rivista per la famiglia che dal 1898 esporta la devozione antoniana e la visione francescana del mondo in ogni angolo del globo. Il mensile chiude e gli 8 giornalisti, cinque donne e tre uomini, saranno licenziati. L'amministratore della società, frate Giancarlo Capitanio, ha comunicato la decisione all'incontro con la rappresentanza regionale della Federazione della Stampa, il sindacato dei giornalisti. La riunione era stata programmata per una verifica dell'andamento del giornale e la proprietà della rivista ha colto l'occasione per annunciare l'imminente chiusura della redazione. Da parte sua il sindacato ha duramente contestato la decisione e annunciato iniziative di mobilitazione anche a livello nazionale.
TRA LE DUE GUERRE
È una storia non solo lunga ma anche prestigiosa quella del Messaggero di Sant'Antonio. Per lunghi tratti della sua vita il giornale, pubblicato dalla omonima casa editrice dei Frati Minori Conventuali della Basilica di Sant'Antonio a Padova, è stato punto di riferimento per l'editoria cattolica. Ma non solo.
Per decenni ha rappresentato un legame importante, spesso l'unico, con quanti erano emigrati all'estero lasciando il nostro Paese. Non a caso il Messaggero veniva pubblicato in sei diverse lingue: italiano, inglese, francese, tedesco, rumeno e polacco, a cui si aggiungeva una edizione dedicata agli italiani residenti all'estero. Una formula globale che portò il mensile ad avere negli Sessanta oltre un milione di abbonati.
Sulle pagine del Messaggero antoniano hanno trovato spazio firme di primo piano come quelle di Enzo Biagi, Igor Man, padre Giulio Albanese, Ritanna Armeni, Goffredo Fofi e Michela Murgia. Il giornale, nel corso della sua storia, non ha mai mancato di far sentite la propria, autonoma e autorevole voce. Come accadde nel 1915, quando l'Italia entrò in conflitto al fianco della Triplice Intesa. Nell'editoriale di gennaio l'allora direttore padre Alfonso Orlich liquidava la Grande guerra con queste parole: «L'alba di quest'anno si presenta satura di lacrime e sangue: e perciò vi ha bisogno di un amico che vi porti una parola di pace e di conforto in mezzo agli odi, alle vendette, alle ire dei popoli che fanno ecatombi di mille e mille baldi giovani». Durante la seconda guerra mondiale il mensile padovano è stato un baluardo di resistenza: il direttore dell'epoca, padre Placido Cortese, fu prelevato sul sagrato della Basilica del Santo da due uomini della Gestapo l'8 ottobre 1944. Del frate che, assieme ai professori universitari Ezio Franceschini e Concetto Marchesi, aveva contribuito a organizzare la fuga di decine di sbandati, ebrei e ricercati dal regime nazifascista, non si seppe più nulla.
CONTI DIFFICILI
Da qualche tempo però il mensile si dibatteva in una crisi profonda. Nell'ultimo quinquennio avrebbe accumulato 10 milioni di perdite, di cui 2,7 milioni solo nell'ultimo esercizio: uno squilibrio economico che non avrebbe lasciato alternative ai frati editori. Il mensile, che pure conta oltre 300 mila abbonamenti (270 mila in Italia, 25 mila all'estero, 14 mila al Messaggero dei Ragazzi, oltre a libri e riviste nelle lingue straniere) con introiti pari a circa 10 milioni di euro annui, non era più in grado più sostenere gli attuali costi. La casa editrice non intende comunque abbandonare il settore editoriale ma si è detta intenzionata a «salvaguardare e portare avanti il progetto evangelico e caritativo con i mezzi che lo contraddistinguono nella sua storia ultracentenaria, continuando a pubblicare riviste e libri».
L.I.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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