È nato il nuovo Iroso «Un asino, ma speciale come il mulo alpino»

Lunedì 29 Luglio 2019
È nato il nuovo Iroso «Un asino, ma speciale come il mulo alpino»
LA STORIA
VITTORIO VENETO (TREVISO) Salendo la stretta via che porta alla tenuta del campione Marzio Bruseghin, sulla collina di Vittorio Veneto, si arriva a una spianata a 400 metri di altezza. Fa caldo, ma c'è sempre una brezza, quella che accomuna i luoghi a mezza costa. Lo sguardo è attirato dal panorama che si apre, a destra, dopo i filari dei vigneti di Glera, verso la sottostante Serravalle. Oltre la vecchia stalla, ristrutturata e adibita a sala degustazione dei vini, ci sono quattro dei trenta asinelli che sono parte della famiglia. Ma il protagonista è l'ultimo arrivato: si chiama Iroso, proprio come il generale entrato nella storia degli alpini come il mulo più longevo, morto tre mesi fa a 40 anni e le cui ceneri sono state tumulate la scorsa settimana sotto il monumento dell'Ana.
IL NOME
La mamma dell'asinello è l'asina Winnie, l'ultima compagna di giochi del mulo Iroso, un quadrupede così speciale da commuovere cuori allenati a tutto come quelli delle Penne Nere. Racconta Bruseghin: «È nato dieci giorni fa. Di solito le asine si allontanano nel bosco per alcuni giorni per dare alla luce il loro piccolo. Il nuovo nato comincia a farsi vedere dopo tre giorni. Lui, scendendo solo dopo mezza giornata, ha dimostrato di essere speciale». Da qui l'idea di chiamarlo Iroso, anche per ricordare l'amico di sua madre. «Ho chiesto il permesso ad Antonio De Luca (il proprietario del mulo, ndr.), che me l'ha concesso volentieri. Ed eccolo qui, il piccolo Iroso»: Bruseghin, classe 1974, si definisce ciclista per caso. Ha iniziato a pedalare a 16 anni nonostante la sua passione per il calcio.
DALLA BICI AL VIGNETO
Ottenuti i primi risultati ha continuato nella squadra dilettanti ed è diventato professionista nel 1997. «Mi sono trovato a correre racconta con Pantani, Indurain, Chiappucci, Bugno. Ciclisti che da bambino ero abituato a guardare in tivù. Trovarsi fianco a fianco con questi grandi campioni è stata un'emozione unica. Ho fatto 16 anni di professionismo e 13 Giri d'Italia». Qual è la cosa più bella del Giro? «Quando finisce...», sorride Bruseghin. «Beh, a parte gli scherzi continua è un impegno che dura ventuno giorni e non è facile. Ci si alza presto, i trasferimenti, le tappe, poi la sera all'arrivo il trasferimento in hotel, la cena. Non è una passeggiata, anche se devo dire che ho ancora presente il calore della gente che si trova sulle strade, la possibilità di fare percorsi che solitamente non sono aperti al pubblico».
Sulle bottiglie di Prosecco, prodotto nei sei ettari di vigneto, c'è il disegno di un asinello con la scritta amets, che nella lingua basca significa sogno. Il sogno di Marzio era essere un contadino, come il papà e la mamma. L'asinello è il simbolo con cui si identifica. «Li ho trovati allude agli esemplari quando ho rilevato questo podere nel 2003. Erano in sei, poi si sono moltiplicati e mi sono affezionato. Ci sono Thor, Winnie, Somarino, Iroso e Bruss. Bruss è il più vecchio, me lo hanno regalato gli amici 17 anni fa per il mio compleanno. Mi tengono puliti i prati, funzionano meglio di un rasaerba automatico e poi sono dei veri amici. Somarino è il più viziato di tutti, gli piacciono i biscotti e funziona bene anche come riciclo dell'umido: gli do tutti gli avanzi e lui apprezza molto».
Bruseghin guarda il cielo che si sta rannuvolando. «L'unica cosa brutta di questo lavoro splendido è la paura dei temporali. La grandine è il nostro peggior nemico. Sono sette mesi di tensione». Arriva scodinzolando un bel bracco, si ferma a farsi fare due coccole: «Lui è Arpo. Il nostro Bernacca. Non teme né lampi né tuoni, ma se lo vediamo andarsi a sdraiare sotto il tavolo, sappiamo che mezz'ora dopo di sicuro arriverà la grandine. Purtroppo non ha mai sbagliato». E così Marzio vive il suo amets quassù, tra le colline e i suoi asinelli.
Pio Dal Cin
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