È morto Iroso mulo simbolo degli alpini: aveva 40 anni

Martedì 30 Aprile 2019
È morto Iroso mulo simbolo degli alpini: aveva 40 anni
IL LUTTO
TREVISO Di un commilitone defunto, le penne nere dicono che «ha posato lo zaino ed è andato avanti». E così ha fatto anche Iroso, benché nel suo caso sia più corretto parlare di basto: il mulo alpino più anziano d'Italia ieri è giunto alla fine del suo lunghissimo cammino. Classe 1979, a gennaio aveva festeggiato i 40 anni, età record che su scala umana corrisponderebbe ad oltre 120 primavere. Come attestava la matricola numero 212 marchiata sullo zoccolo anteriore sinistro, era l'ultimo degli equini in servizio effettivo permanente nelle truppe da montagna: Brigata Cadore, 7° Reggimento. Se il mulo è stato il fedele compagno degli alpini, in guerra e in pace, fin dalla fondazione del corpo, Iroso era diventato l'icona di questa simbiosi. Soldato, promosso generale sul campo.
L'ICONA
«Stamattina (ieri, ndr) verso le 6 mezza mio figlio è passato davanti alla sua stalla e l'ha visto per terra. Siamo accorsi e ci siamo accorti che non respirava più, poco dopo anche il veterinario ha confermato. Si è semplicemente spento, esaurite tutte le energie, senza soffrire», racconta, non senza un filo di commozione, il proprietario Antonio Toni De Luca, alpino di Anzano di Cappella Maggiore, in provincia di Treviso. È stato lui ad acquistarlo, insieme ad un'altra dozzina di quadrupedi, nel 1993 all'asta con cui l'Esercito dismetteva gli ultimi 24 muli militari. Un po' per impiegarli nella sua azienda di lavori forestali, molto per sottrarli all'inglorioso destino del macello: Iroso se lo aggiudicò a un milione e 250mila vecchie lire, da una base di 500 600 mila (e non fu nemmeno il più caro). «Mi ha ripagato un milione di volte in più. Ormai era uno di famiglia: la mattina, se facevo per uscire senza passare a governarlo, mi chiamava. Così gli portavo una carota o un biscotto». Da allora, queste incredibili jeep con il pelo capaci di risalire impervi pendii con un quintale e mezzo in groppa, sono state accudite amorevolmente da Toni, i suoi familiari e dagli amici del Reparto Salmerie costituitosi ufficialmente nel 2000 nella sezione di Vittorio Veneto dell'Associazione nazionale alpini, partecipando ad Adunate e manifestazioni. Tra gli sconci, come si chiamavano in gergo i conducenti, anche Giacomo, un ragazzino bolognese, legatissimo ad Iroso, tanto che nessuno ha ancora avuto il cuore di comunicargli la dipartita.
IL DECLINO
Negli ultimi anni anche la sua salute era declinata: era ormai sordo e cieco e, quasi sdentato. Al raduno nazionale del 2017 a Treviso non aveva sfilato, ma, presente in città, era stato, come sempre acclamatissimo. I compagni sono via via deceduti. A febbraio pure l'asinella Gigliola, che gli faceva compagnia, è morta prematuramente, prontamente sostituita da Winnie, prestata dall'allevamento dell'ex ciclista professionista trevigiano Marzio Bruseghin. «Di sicuro non verrà dimenticato, anzi lo ricorderemo nel migliore modo possibile nel futuro spiega Francesco Introvigne, presidente dell'Ana vittoriese -. Di certo conserveremo lo zoccolo con il numero di matricola 212 in una teca». Il corpo è stato cremato e parte delle ceneri potrebbe essere inserita nel monumento alle Penne nere di piazza Sant'Andrea a Vittorio Veneto. Gli alpini ne sono convinti: il vecio Iroso ora potrà di nuovo tornare a sgroppare su qualche sentiero delle montagne del cielo.
Mattia Zanardo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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