Consorzi agrari al bivio dell'autonomia

Venerdì 4 Dicembre 2020
IL CASO
TREVISO Da una parte bilanci magari in salute, ma non così solidi da dare certezze nel lungo periodo. Dall'altra la possibilità di aderire a un progetto in grado di pompare nuova linfa e garantire basi più solide da cui ripartire. Nel mezzo un mare di dubbi, quelli agitati da una parte dei dipendenti e da alcune figure apicali che temono di veder ridotto, o azzerato, il loro ruolo. Su questi binari viaggia il Consorzio Agrario di Treviso-Belluno, 2.500 soci e 38 punti vendita distribuiti nel territorio, forse la pedina più importante in Veneto coinvolta nella grande operazione nazionale varata dalla Coldiretti di unire tutti i consorzi del paese in una sola società quotata in Borsa - Consorzi Agrari d'Italia (Cai) - partita qualche anno fa e ormai in dirittura d'arrivo. I vertici del consorzio trevigiano-bellunese sono convinti della bontà dell'operazione, molti soci un po' meno, spaventati dalla perdita di autonomia. E anche una fetta di dipendenti non si fida, teme ristrutturazioni e riorganizzazioni che qualche conseguenza potrebbero averla.
I CONTI
Il ragionamento fatto da Coldiretti è molto semplice: i consorzi attuali non sono attrezzati per stare sul mercato. Almeno per restarci a lungo. Hanno dimensioni troppo piccole per un settore in continua espansione. I bilanci lo dimostrano. Treviso-Belluno ha chiuso con un utile di circa 650mila euro, ma sulle casse pesa un'esposizione debitoria importante. Ciambella di salvataggio è un patrimonio immobiliare che rappresenta il tesoretto a cui aggrapparsi. Poco però per guardare il futuro con fiducia. «Stiamo vivendo la più grande crisi economica del dopoguerra e la situazione è difficile per tutte le aziende, nei più diversi settori - sottolinea Giorgio Polegato, presidente del Consorzio Treviso-Belluno e della Coldiretti trevigiana - ma a differenza di altri, noi abbiamo la consapevolezza del valore strategico rappresentato dal cibo e della necessità di cambiare per superare le fragilità presenti e cogliere tutte le opportunità del mercato».
L'AMMISSIONE
Polegato approva il progetto di entrare in una società di respiro nazionale: «L'obiettivo è mantenere radici solide sul territorio con la forza per difendere gli interessi delle imprese agricole sul mercato globale. Il radicamento locale è la vera forza dei Consorzi che entrano a far parte della rete di Consorzi Agrari d'Italia la più grande infrastruttura nazionale per dotazioni funzionali e capacità finanziaria. Serve infatti un salto di qualità per i Consorzi che il progetto Cai può offrire: solidità finanziaria, mutualità ed economie di scala. Ed è questo il circolo virtuoso innescato con il nuovo modello che affianca una regia nazionale a una valorizzazione delle strutture territoriali che sono la vera linfa del progetto. A tutelare le prerogative territoriali e lo sviluppo della rete delle agenzie ci sono la maggioranza dell'assemblea e del consiglio espressa dai Consorzi agrari e il patto parasociale tra Consorzi».
IL DISAGIO
Di fronte a tanto ottimismo ci sono altrettanti dubbi. Nonostante con le associazioni sindacali siano stati già stretti accordi che tutelano i posti di lavoro, non mancano le proteste. Tra Treviso e Belluno una fantomatica rappresentanza della forza lavoro, questa la firma senza specificare la consistenza di questa rappresentanza, ha diffuso un volantino in cui esprime tante perplessità sull'intera operazione: «A oggi - scrivono - il progetto industriale di Consorzi Italia non è noto a nessuno». E ribadiscono la necessità di restare autonomi. E poi i timori di perdere capacità decisionale, di ritrovarsi a dipendere da decisione prese da chi è lontanissimo dal territorio. Polegato fuga questi timori: «Può capitare che di fronte ad informazioni non complete o limitate scatti un meccanismo di difesa a priori. A volte per pregiudizio ma spesso per debolezza. Di certo la decisione alla fine spetta solo agli agricoltori associati. Al Consiglio di Amministrazione prima, poi all'Assemblea».
Paolo Calia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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