IL CASO
POSSAGNO (TREVISO) «È stato mio marito. Lo ha preso il panico, ma risponderà delle sue azioni». È esplosa in un pianto dirotto la moglie di D.H., il 50enne austriaco che alle 12.30 del 31 luglio ha danneggiato il modello originale in gesso della Paolina Borghese come Venere vincitrice di Canova, esposto alla Gipsoteca di Possagno nel Trevigiano. La donna è stata contattata dai carabinieri poiché a suo nome era stata prenotata la visita per il gruppo di dieci turisti di cui il vandalo (nonché marito), faceva parte. Il responsabile si è poi fatto avanti scrivendo al museo, al presidente della Fondazione Canova Onlus che lo gestisce, Vittorio Sgarbi, e agli inquirenti. Ha ammesso le sue colpe ma, contrariamente a quanto riferito dalla compagna e a quando narrano le immagini, avrebbe asserito di non essersi reso conto sul momento del danno causato. Luca Zaia plaude alle forze dell'ordine ma ammonisce: «Non bastano le scuse, deve pagare. Ha danneggiato l'intera comunità veneta, la giustizia deve fare il suo corso».
L'AMMISSIONE
«È stato un comportamento sbagliato, ma non sono fuggito e ora sono a disposizione ha scritto con una e-mail in tedesco ai carabinieri di Pieve del Grappa. Mi assumo la piena responsabilità del danno, so che mi attendono delle conseguenze. Chiedo scusa a tutti». L'uomo si è fatto avanti dopo che gli inquirenti lo hanno messo davanti alle schiaccianti prove raccolte a suo carico. Gli hanno descritto nei particolari quanto gli occhi elettronici del museo avevano ripreso quel sabato, quando in maglietta azzurra, calzoncini neri e scarpe gialle si era seduto ai piedi della statua, poggiando il gomito destro sulle gambe della Paolina per riprodurne la posa. Testa reclinata e gambe incrociate, aveva sorriso alla moglie che lo immortalava con il telefonino. Pochi secondi, poi per alzarsi aveva fatto leva con la mano destra sui piedi della statua ed era sobbalzato: con il suo peso aveva appena frantumato tre dita del piede della statua in gesso. Si era voltato di scatto, aveva toccato i frammenti. Un accenno a volersi allontanare verso destra, poi qualche passo indietro e qualche altro secondo sul luogo del misfatto, guardandosi attorno e parlando con una compagna di gita prima di uscire dall'inquadratura. Vista la reazione, poteva forse non aver compreso l'enorme gravità del danno, ma certo non poteva non essersi accorto di nulla. E come lui chi gli stava attorno. «È andata proprio così» è infine crollato.
LE INDAGINI
Era riuscito ad allontanarsi con la comitiva prima che il personale del museo scoprisse lo scempio e avvertisse i carabinieri. Aveva proseguito la vacanza, organizzata per il suo cinquantesimo compleanno e cominciata sulle colline del prosecco, recandosi a Venezia e rientrando lunedì notte nel villaggio di Aistersheim, novecento anime nell'Austria nord occidentale. Il tutto mentre nel Trevigiano fervevano le indagini per scovarlo e tutta l'Italia si indignava. In collaborazione con la gipsoteca dedicata al Canova, i carabinieri hanno visionato le immagini delle telecamere interne durante il sopralluogo e, attraverso il sistema di prenotazioni reso ancor più stringente a causa del Covid, sono risaliti al gruppo di austriaci. Identificata la titolare dell'accredito, con un interprete l'hanno contattata al telefono in Austria. Quando ha appreso la reale entità del danno causato a un bene artistico di immenso valore (realizzato tra il 1804 e il 1808), è scoppiata a piangere. Dopo aver parlato con il marito, quest'ultimo ha inviato agli inquirenti la lettera di scuse, le sue generalità e una copia del documento. Era l'ultimo tassello insieme alla confessione per accertarne senza ombra di dubbio la responsabilità. Nonostante il gesto fosse non intenzionale, il 50enne ora rischia pesanti conseguenze. Lunedì sera infatti, al termine degli accertamenti, i militari di Pieve del Grappa hanno trasmesso alla Procura una relazione con tutti i dettagli dell'indagine affinché l'autorità giudiziaria possa fare le proprie valutazioni e decidere come procedere nei confronti dell'austriaco, al quale verrà contestato il reato di danneggiamento. Un'eventuale offerta di risarcimento economico non è stata esplicitamente menzionata dall'uomo nelle comunicazioni inviate in Italia e andrebbe in ogni caso valutata dal museo e dalle autorità competenti a fronte di una stima del danno causato. Diversi enti e privati si sono inoltre già fatti avanti per contribuire al restauro.
Serena De Salvador
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA POSSAGNO (TREVISO) «È stato mio marito. Lo ha preso il panico, ma risponderà delle sue azioni». È esplosa in un pianto dirotto la moglie di D.H., il 50enne austriaco che alle 12.30 del 31 luglio ha danneggiato il modello originale in gesso della Paolina Borghese come Venere vincitrice di Canova, esposto alla Gipsoteca di Possagno nel Trevigiano. La donna è stata contattata dai carabinieri poiché a suo nome era stata prenotata la visita per il gruppo di dieci turisti di cui il vandalo (nonché marito), faceva parte. Il responsabile si è poi fatto avanti scrivendo al museo, al presidente della Fondazione Canova Onlus che lo gestisce, Vittorio Sgarbi, e agli inquirenti. Ha ammesso le sue colpe ma, contrariamente a quanto riferito dalla compagna e a quando narrano le immagini, avrebbe asserito di non essersi reso conto sul momento del danno causato. Luca Zaia plaude alle forze dell'ordine ma ammonisce: «Non bastano le scuse, deve pagare. Ha danneggiato l'intera comunità veneta, la giustizia deve fare il suo corso».
L'AMMISSIONE
«È stato un comportamento sbagliato, ma non sono fuggito e ora sono a disposizione ha scritto con una e-mail in tedesco ai carabinieri di Pieve del Grappa. Mi assumo la piena responsabilità del danno, so che mi attendono delle conseguenze. Chiedo scusa a tutti». L'uomo si è fatto avanti dopo che gli inquirenti lo hanno messo davanti alle schiaccianti prove raccolte a suo carico. Gli hanno descritto nei particolari quanto gli occhi elettronici del museo avevano ripreso quel sabato, quando in maglietta azzurra, calzoncini neri e scarpe gialle si era seduto ai piedi della statua, poggiando il gomito destro sulle gambe della Paolina per riprodurne la posa. Testa reclinata e gambe incrociate, aveva sorriso alla moglie che lo immortalava con il telefonino. Pochi secondi, poi per alzarsi aveva fatto leva con la mano destra sui piedi della statua ed era sobbalzato: con il suo peso aveva appena frantumato tre dita del piede della statua in gesso. Si era voltato di scatto, aveva toccato i frammenti. Un accenno a volersi allontanare verso destra, poi qualche passo indietro e qualche altro secondo sul luogo del misfatto, guardandosi attorno e parlando con una compagna di gita prima di uscire dall'inquadratura. Vista la reazione, poteva forse non aver compreso l'enorme gravità del danno, ma certo non poteva non essersi accorto di nulla. E come lui chi gli stava attorno. «È andata proprio così» è infine crollato.
LE INDAGINI
Era riuscito ad allontanarsi con la comitiva prima che il personale del museo scoprisse lo scempio e avvertisse i carabinieri. Aveva proseguito la vacanza, organizzata per il suo cinquantesimo compleanno e cominciata sulle colline del prosecco, recandosi a Venezia e rientrando lunedì notte nel villaggio di Aistersheim, novecento anime nell'Austria nord occidentale. Il tutto mentre nel Trevigiano fervevano le indagini per scovarlo e tutta l'Italia si indignava. In collaborazione con la gipsoteca dedicata al Canova, i carabinieri hanno visionato le immagini delle telecamere interne durante il sopralluogo e, attraverso il sistema di prenotazioni reso ancor più stringente a causa del Covid, sono risaliti al gruppo di austriaci. Identificata la titolare dell'accredito, con un interprete l'hanno contattata al telefono in Austria. Quando ha appreso la reale entità del danno causato a un bene artistico di immenso valore (realizzato tra il 1804 e il 1808), è scoppiata a piangere. Dopo aver parlato con il marito, quest'ultimo ha inviato agli inquirenti la lettera di scuse, le sue generalità e una copia del documento. Era l'ultimo tassello insieme alla confessione per accertarne senza ombra di dubbio la responsabilità. Nonostante il gesto fosse non intenzionale, il 50enne ora rischia pesanti conseguenze. Lunedì sera infatti, al termine degli accertamenti, i militari di Pieve del Grappa hanno trasmesso alla Procura una relazione con tutti i dettagli dell'indagine affinché l'autorità giudiziaria possa fare le proprie valutazioni e decidere come procedere nei confronti dell'austriaco, al quale verrà contestato il reato di danneggiamento. Un'eventuale offerta di risarcimento economico non è stata esplicitamente menzionata dall'uomo nelle comunicazioni inviate in Italia e andrebbe in ogni caso valutata dal museo e dalle autorità competenti a fronte di una stima del danno causato. Diversi enti e privati si sono inoltre già fatti avanti per contribuire al restauro.
Serena De Salvador
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