Cannabis alla guida, allievo poliziotto espulso dalla scuola

Lunedì 21 Settembre 2020
LA VICENDA
TRIESTE Positivo alla cannabis dopo un incidente stradale, un allievo del corso per agenti della Polizia di Stato è stato espulso dalla Scuola di Trieste. Fine della carriera professionale? Per ora, inizio di una vicenda giudiziaria: il giovane ha presentato ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia, che sul caso ha sollevato una questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale.
LO STUPEFACENTE
Il sinistro risale all'estate dello scorso anno, quando l'aspirante poliziotto era stato sottoposto all'esame delle urine. Dall'accertamento medico-legale era risultata l'assunzione della sostanza stupefacente, come peraltro ammesso dallo stesso automobilista, che il 22 agosto 2019 aveva confessato ai suoi futuri colleghi di averne fatto uso alcuni giorni prima. A quel punto era scattato il procedimento disciplinare: sospensione del giudizio di idoneità, espulsione dal corso e cessazione dal servizio nell'amministrazione. L'uomo si era però rivolto al Tribunale amministrativo regionale, sostenendo che le sue ammissioni erano avvenute in condizioni di «fragilità psico-fisica» durante il ricovero in ospedale e che il consumo di droga era «del tutto isolato e collocato nella pausa estiva delle attività didattiche», dunque non tale da meritare una punizione così dura. Il ministero dell'Interno aveva invece ribattuto che un simile provvedimento «può ragionevolmente effettuarsi nei confronti di chi si renda responsabile, in questa fase formativa e di addestramento, di violazioni disciplinari aventi particolare gravità».
L'INCOSTITUZIONALITÀ
I giudici del Tar hanno tuttavia ritenuto che l'articolo della legge in materia «sia costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui non prevede che la sanzione venga irrogata solo a seguito di un accertamento in contraddittorio con l'interessato della violazione e non consente di valutarne la gravità in concreto, né di commisurare a questa la misura della sanzione». Fra i presupposti dell'espulsione, le disposizioni elencano condotte che comportano «denigrazione dell'Amministrazione o dei superiori», «turbamento nella regolarità o nella continuità del servizio di istituto», «pubblico scandalo», «mancanza del senso dell'onore o del senso morale»: secondo il Tribunale, si tratta di «una grande varietà di comportamenti, in astratto certo accomunati da una particolare gravità e riprovevolezza, ma che possono in concreto non esprimere un uniforme grado di offensività al prestigio della funzione o al suo regolare svolgimento e non ritenersi quindi meritevoli della massima sanzione». I magistrati non dubitano che «una violazione meriti di essere più gravemente punita quando commessa da colui che non appartiene ancora a pieno titolo all'amministrazione di Polizia», in quanto l'aspirante agente «dovrebbe dimostrare di essere all'altezza della funzione da svolgere», però non può «razionalmente giustificarsi il rigido automatismo» tra il fatto e l'espulsione. Il ricorso è stato quindi sospeso in attesa che la Consulta si pronunci sulla legittimità della norma.
A.Pe.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci