Autonomia, la maggioranza si allarga

Mercoledì 15 Novembre 2017
IL DIBATTITO
VENEZIA C'è chi esalta «l'importanza di questo momento storico», come il leghista Marino Finozzi che inizia la sua relazione citando il giornalista e scrittore Alvise Fontanella quando scriveva di indipendentismo e voglia di autonomia nelle terre della ex Serenissima e, passando per il garibaldino Alberto Mario, arriva all'onorevole Italico Corradino Cappellotto che alle elezioni politiche del 1921 presentò a Venezia e Treviso la lista autonoma Leone di san Marco. E c'è invece chi liquida la partita dicendo che è «un teorema che non sta in piedi», «una proposta perfetta per farsi dire no da Governo e Parlamento», come Stefano Fracasso, il capogruppo del Pd che si era battuto per il sì al referendum del 22 ottobre e adesso, a meno di improbabili correzioni da parte del governatore Luca Zaia, oscilla tra l'astensione e il voto contrario.
TESTO BLINDATO
Così, in un'aula del consiglio regionale del Veneto a tratti semivuota e troppo spesso disattenta e caciarona, con continui richiami da parte del presidente di turno al silenzio e al rispetto nei confronti di chi parlava («Se non vi interessa il dibattito potete anche uscire», ha detto a un certo punto Bruno Pigozzo), è iniziata ieri pomeriggio la discussione generale sul Pdls 43, il progetto di legge statale di iniziativa regionale partorito da Palazzo Balbi l'indomani del referendum e che, una volta approvato, sarà portato a Roma per trovare con il Governo un'intesa sulla maggiori forme di autonomia da attribuire al Veneto. Modifiche al testo ce ne saranno, la stessa giunta ha preparato 13 emendamenti che oggi saranno portati al voto, ma saranno correzioni di ordine chiarificatorio, nulla che modifichi l'impianto voluto da Zaia. E cioè tutte le 23 materie contemplate dalla Costituzione e tutti i nove decimi delle tasse, dall'Iva all'Irpef all'Ires. L'ordine tassativo della maggioranza di centrodestra è di chiudere la partita oggi, a qualsiasi ora, e al momento della votazione è atteso anche Zaia, cui peraltro il consiglio attraverso un ordine del giorno già predisposto darà «ampio mandato» di trattare con il Governo.
LA MAGGIORANZA SI ALLARGA
E, da quello che si è capito ieri nel corso della discussione generale durata poco più di tre ore, ad approvare la richiesta delle 23 materie e dei nove decimi delle tasse sarà una maggioranza ben più ampia di quella che sostiene Zaia: per il sì ci saranno non solo la Lega e Forza Italia («Avanti tutta per un Veneto con più competenze e più risorse», ha detto il capogruppo azzurro Massimiliano Barison), ma anche rappresentanti e forze politiche dell'opposizione, Franco Ferrari della Lista Moretti e Pietro Dalla Libera di Veneto Civico, i tosiani e gli ex tosiani come Maurizio Conte di Veneto per l'Autonomia (che ha rivolto un appello al Pd: «Non abbiate paura a votare sì»), Marino Zorzato di Ap e pure il M5s («E se non vogliono darlo a tutto il Veneto, che almeno il modello Trento-Bolzano sia concesso ai Comuni montani», ha detto Simone Scarabel). E se al momento l'unico contrario è Articolo 1-Mdp di Piero Ruzzante, bisognerà vedere quanto si scomporrà il Pd tra astensioni, uscite dall'aula o voti contrari, visto che il capogruppo Fracasso ha confermato che, così com'è, il testo non sarà votato.
PD AL BIVIO
«Se è una proposta per farsi dire di no dal Governo è la migliore che si potesse pensare - ha detto il capogruppo dem, Fracasso - Se invece si vuole raggiungere un risultato, deve essere assolutamente cambiata. Per noi non è un atto simbolico o un teorema, la campagna elettorale è finita. Vogliamo un provvedimento che serva a raggiungere risultati concreti, perciò dovrà essere credibile e inattaccabile, in modo da convincere Governo, Parlamento e possibilmente i nostri colleghi emiliano-romagnoli e lombardi. Dobbiamo però essere franchi: se si vuole massimizzare il risultato per i veneti è un conto, se si vuole massimizzare il risultato partitico in vista delle elezioni è un altro». Silvia Rizzotto, capogruppo della Lista Zaia, ha replicato alle obiezioni del Pd a partire da quella sui nove decimi di Iva, Irpef e Ires: «Ma come fa il capogruppo Fracasso a dire che vogliamo essere mantenuti dallo Stato? Noi chiediamo i nove decimi delle nostre tasse, quelle che paghiamo noi e che vanno a Roma. Altro che mantenuti». Quindi l'invito ai dem a rivedere la propria posizione: «Pensate ai veneti». Lo stesso appello che il relatore del provvedimento, Marino Finozzi, aveva fatto in apertura di discussione: «Voglio fare un richiamo a tutti i colleghi di sentirsi, almeno in questa occasione, rappresentanti dei veneti e non di particolari interessi di partito solo per fini elettoralistici». Oggi il voto. Poi la partita si sposterà a Roma.
Alda Vanzan
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