LA STORIA
UDINE Viaggio dall'altra parte del mondo e ritorno nell'era del coronavirus.

Lunedì 30 Marzo 2020
LA STORIA
UDINE Viaggio dall'altra parte del mondo e ritorno nell'era del coronavirus. Due mesi e una decina di giorni fra l'Australia devastata dagli incendi e la Nuova Zelanda spendendo «poche centinaia di euro» per l'alloggio, grazie al couchsurfing, il servizio gratuito di scambio di ospitalità, ai campeggi e al lavoro in un allevamento di galline ovaiole. Poi, il ritorno. attraversando il mondo colpito dall'epidemia. Sidney con gli scaffali dei supermarket saccheggiati. La Londra quasi irreale dei pub chiusi. La Nizza senza un'anima. E poi Genova, Milano, con le scene di isteria in stazione e i militari ovunque in «uno scenario postatomico», Mestre e finalmente Trieste, dove vive.
Ci ha messo quasi 13 ore per attraversare il Nord Italia e mettersi in quarantena, l'udinese Matteo Comuzzo, 38 anni, che lavorava come casellante per Autovie e, prima di partire, aveva fatto un concorso per un posto a tempo indeterminato nella concessionaria. «Avrei fatto volentieri a meno di questa trafila per tornare a casa, ma è stata un'avventura, che quando tutto questo sarà passato, almeno potrò raccontare per riderci su», racconta.
IL VIAGGIO
Conoscere l'Australia, all'avventura, «per la prima volta senza Lonely Planet perché vivere vuol dire mischiarsi alla gente», era il suo sogno da sempre, coronato con spese contenutissime. «Sono tornato con qualche centinaio di euro in meno rispetto a quando sono partito, volo escluso perché l'ho preso all'ultimo e mi è costato 960 euro. Ma grazie al couchsurfing per un mese di alloggio in Australia non ho speso neanche un dollaro». La partenza l'11 gennaio, «quando di coronavirus in Cina si parlava già, ma non ne avevamo capito bene la portata. A Melbourne sono sbarcato il 13 gennaio e ci sono rimasto una decina di giorni da due ragazzi: in un caso, sono finito in un appartamento stupendo con spa e piscina. Ho vissuto per due giorni l'esperienza degli incendi. Così ho deciso di partire per la Nuova Zelanda. Avevo conosciuto due ragazze francesi, ci siamo accordati per un viaggio su strada nell'Isola del sud, ma dovevo aspettarle una settimana. Così nell'attesa su Facebook ho trovato un annuncio per fare volontariato in un Chicken Rescue: vitto e alloggio gratis , io li aiutavo con le galline destinate all'abbattimento che loro salvavano dagli allevamenti intensivi». Quindi, il giro con le francesi fra campeggi, ostelli e pranzi al sacco. Poi l'Isola del Nord, dove dall'Italia gli arrivavano «notizie inquietanti sul coronavirus. Da Auckland ho preso l'aereo per Sidney dove sono rimasto una settimana da un couchsurfer e poi a Brisbane da un altro». In Australia «già c'erano i primi casi di contagi, ma sembrava tutto tranquillo, a parte i supermercati svuotati da carta igienica, pasta e riso».
IL RITORNO
Il 18 marzo, il volo di ritorno da Brisbane e il 19 l'arrivo a Londra. «La mia idea iniziale era di tornare a piccole tappe con bus e treni attraversando l'Europa ospite da amici, ma l'epidemia ha sconvolto tutto. Mi sono trovato in fretta un altro couchsurfer a Londra, dove tanti mi rifiutavano per paura del contagio. Poi ho trovato un ragazzo reduce da un viaggio negli Usa che si è offerto: sono stato tre giorni tappato in casa. Sono uscito solo una sera a bere una birra in un locale semivuoto, era l'ultimo giorno con i pub aperti. Le mascherine non si trovavano. Il Consolato mi ha mandato una mail con un elenco di soluzioni possibili per tornare e ne ho trovata una interessante: tentare di volare il più vicino possibile al confine con la Francia. Ho preso il volo fino a Nizza, volevo raggiungere Ventimiglia, ma nel frattempo avevano soppresso tutti i treni per l'Italia. Il 22 sono partito prestissimo, ho raggiunto in treno Mentone, dove ho trovato un taxi italiano. E ho passato il confine. Ieri non mi hanno fatto passare, mi ha detto il tassista». Quindi via sul treno per Genova. «La sera è arrivato il nuovo decreto. Mia sorella mi ha scritto: mi sa che ci resterai un bel po'». Una notte, ci ha dormito. Poi, ha tentato l'impossibile. E gli è andata dritta. «La stazione era presidiata, come tutte. Come in tutte, ho dovuto tirare fuori lautocertificazione: l'avevo stampata a Londra ma cambiava sempre. Visto che rientravo dall'Australia, mi hanno lasciato passare. Ho raggiunto Milano. Sul tabellone, i treni cancellati. In stazione scene di isteria. La gente che urlava: Ho problemi di salute!. Ho tentato, senza fortuna, di noleggiare un'auto con l'aiuto di tre lombarde. Per fortuna ho trovato un treno per Verona. Ogni tappa era una vittoria. Poi Mestre, dove ho beccato l'ultimo treno per Trieste, dove sono arrivato il 23 marzo notte, dopo 13 ore. Adesso sono in quarantena volontaria per 14 giorni, mi sono autodenunciato. Non posso neanche uscire a fare la spesa. Ma il viaggio ne valeva la pena. Come guadagnarsi il ritorno sudandoselo. Ci può anche stare, ma adesso sono stanchissimo». Il lavoro? «Mi avevano detto di farmi trovare disponibile ad aprile, ma adesso, con questa storia, mi sa che è tutto fermo».
Camilla De Mori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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