Parco della Lessinia
Non ci arrendiamo
all'inefficenza
«Ma che succede

Domenica 26 Gennaio 2020
Parco della Lessinia
Non ci arrendiamo
all'inefficenza
«Ma che succede nella tua regione? È vero che in Veneto riducete i parchi, invece di ampliarli?». Me lo sento chiedere da giorni, in Parlamento. E rispondo con imbarazzo. Davvero non so se vi siano precedenti ad un fatto simile: un'amministrazione regionale che, preso atto delle difficoltà di gestione di un parco, non trova di meglio che ridurne la superficie di un quinto. So bene che l'area in questione il parco della Lessinia non solo abbisogna di una impegnativa opera di rilancio turistico e vive fenomeni preoccupanti come la presenza fuori controllo di animali selvatici: ma pensare di risolvere, diminuendone le dimensioni è davvero assurdo. Chi amministra deve prendersi l'impegno di progettare sul lungo termine, non scappare. La Lessinia è un territorio di grande ricchezza naturalistica, che va preservato a tutti i costi, puntando su turismo sostenibile e controllo della fauna. In più ci sono un paio di dettagli che inducono a pensare non a una distrazione, bensì ad un disegno di convenienze. Non si è voluto allestire nuove aree camper, ma con la riduzione del territorio tutelato, si consentirà nuova cementificazione, tra l'altro in zone che attendono da anni un piano di rilancio turistico che non può certo iniziare dalla costruzione di condomini. Viene poi data mano libera ai cacciatori, soprattutto nello sparare ai cinghiali: non è così che si gestisce la fauna, però è così che si fanno felici le associazioni venatorie, ben rappresentate nella maggioranza che governa la Regione. Ecco, in tutta questa vicenda si sente il pessimo odore degli interessi e della speculazione politica. Non è accettabile che perfino la tutela del territorio, la difesa delle aree naturalistiche, vengano assoggettate alle convenienze. Chi vive all'interno del parco della Lessinia subisce i disagi non delle insidie della natura, ma della pessima gestione da parte delle istituzioni. A loro vanno garantiti sicurezza e servizi, ma all'interno di un progetto che consideri il parco e la sua tutela al centro di ogni azione. Anche il turismo deve uscire dalla logica della speculazione di massa, per imboccare soluzioni di rispetto per l'ambiente. Chi abita in Lessinia sono certa - non ha nessuna intenzione di risiedere tra qualche anno in mezzo al cemento e chi vi si reca da escursionista, non vuole trovarsi tra residence e cacciatori. Non voglio che il mio Veneto abbia il titolo di prima regione che riduce un parco per manifesta inefficienza di gestione e ancor meno voglio che la politica consideri l'ambiente come una zavorra di cui doversi liberare.
Barbara Guidolin
Senatrice M5s
Oltre il Mose
Usare la laguna
per l'energia
Dopo l'eccezionale acqua alta di Novembre si è riparlato molto del Mose e tutti speriamo che possa svolgere il suo compito e difendere Venezia almeno dai livelli di marea più alti e distruttivi. Ma c'è un aspetto collegato che non risulta sia stato mai considerato nella sua totalità: utilizzare il movimento quotidiano delle acque della laguna per la produzione di energia. Un calcolo approssimato fa ritenere che circa 500 milioni di metri cubi di acque escano ed entrino in laguna ogni giorno dalle tre bocche. Più del doppio del contenuto di progetto del bacino del Vajont, per avere un idea. Eppure, da quel che risulta, sembra che nessuno, nessuna autorità, nessuna azienda, nessun ente nei decenni passati in cui si è parlato del Mose e poi si è costruito, abbia pensato di approfondire lo studio dello sfruttamento di questo capitale di acqua. Non si è pensato di farlo sulle bocche, oggetto di enormi modifiche per ospitare il Mose stesso e che avrebbero potuto ospitare anche degli impianti adeguati; e non si è fatto nemmeno lungo i percorsi delle correnti, noti da secoli, per intercettare questa mole di acqua e trasformarla in energia pulita. Forse in questo momento storico di Green Deal siamo pronti per farlo? Se ciò accadesse, la manutenzione del Mose si pagherebbe da sola.
Paolo Ballini
Firenze
Virus
I controlli
sui clandestini
Dai telegiornali si apprende che la nuova Sars cinese è già arrivata negli Usa, si apprende che l'epidemia latente spaventa e tutti si preparano preventivamente al peggio attivando controlli nei luoghi ove si proviene dall'estero. A Lampedusa ed altri luoghi di sbarchi di clandestini, autorizzati o meno, quali controlli avvengono, oppure sarebbero in deroga?
Alberto Stevanin
Crisi
Le due sfide
per le imprese
Il 2020 porterà nuove ed impegnative sfide alle imprese italiane, in una fase molto delicata dell'economia mondiale e del nostro paese in particolare. Sotto il profilo giuridico/finanziario, però, sono le due questioni che preoccupano maggiormente gli operatori, ed entrambe vedono gli istituti di credito come protagonisti. Il primo tema riguarda l'enorme ammontare dei crediti di difficile esigibilità, i cosiddetti NPL, di cui le banche italiane devono liberarsi: oltre 350 miliardi. Il tentativo di recupero in tempi brevi di tale ingente quantità di crediti potrebbe mettere in serie difficoltà molte piccole e medie imprese. È possibile attendersi un 2020 all'insegna della rincorsa alle richieste di pagamento da parte delle società cessionarie dei NPL, sparse un po' in tutta la penisola e prive di qualsivoglia collegamento, sia territoriale che umano, con le banche che avevano originariamente erogato il prestito: il rapporto tra impresa ed istituto di credito viene così completamente spersonalizzato e le aziende non potranno contare, sotto questo aspetto, su di un partner, come dovrebbe essere una banca, ma avranno di fronte solo un creditore. Il secondo tema riguarda la prossima entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza che nell'agosto 2020 andrà a sostituire la vecchia legge fallimentare. Il nuovo Codice introduce, tra le altre cose, le procedure di allerta, ossia l'obbligo per gli organi di controllo e per i creditori istituzionali di segnalare le situazioni di potenziale crisi dell'impresa, che potrebbero comportarne l'insolvenza e la conseguente liquidazione. L'imprenditore, alla luce di tale situazione di allarme, potrà chiedere l'intervento degli Organismi di composizione della Crisi d'impresa, i nuovi enti che dovranno essere costituiti dalle Camere di Commercio. La fase di attuazione della norma è molto delicata, perché è assolutamente necessario evitare che segnalazioni e procedure di allerta possano rendere ancora più conflittuale il rapporto tra imprese ed istituti di credito, i quali potrebbero sentirsi costretti, in presenza di uno degli indicatori di crisi, a chiudere definitivamente i rubinetti finanziari all'impresa, accelerandone la decozione. Serve una nuova cultura imprenditoriale, quindi, sia da parte delle imprese che da parte delle banche, che renda gli istituti di credito veri e propri collaboratori e partner affidabili dell'imprenditore e che conduca ad una interpretazione positiva ed intelligente dei nuovi istituti e non, al contrario, all'introduzione di nuovi lacci e ostacoli che potrebbero ulteriormente ingessare la nostra economia già in affanno.
Avv. Alberto Teso
Confcommercio Venezia
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