L'INTERVISTA
VENEZIA Raccontare storie non significa raccontare favole. Tanto

Lunedì 16 Ottobre 2017
L'INTERVISTA
VENEZIA Raccontare storie non significa raccontare favole. Tanto più nel mondo dell'impresa, collettiva o individuale che sia, alle prese, specie in Italia e in Veneto, con una ricerca di identità che le rilanci sul mercato. Vale anche per chi cerca lavoro: fornire la miglior immagine di se stessi (possibilmente vera), suscitando nell'altra parte un'empatia. Insomma, tra il classico curriculum e la partita di calcetto, c'è una terza via. Andrea Bettini, veneziano del Lido, ci ha fatto una professione (lo storyteller) e scritto vari libri. L'ultimo, realizzato con Francesco Gavatorta, si intitola Personal storytelling-Costruire narrazioni di sé efficaci (ed. Franco Angeli).
Bettini, in che modo una storia fa la differenza quando si deve vendere un prodotto o promuovere se stessi? Quali sono gli ingredienti?
«Sono completamente cambiati da un lato le modalità di comunicazione e dall'altro il concetto di acquisto. I teorici dell'economia dicono che ci stiamo sempre più dirigendo nella direzione non tanto di possedere qualcosa, ma di utilizzare qualcosa. Se questa è la premessa è chiaro che sempre più si andrà nella direzione non tanto di acquistare un prodotto, ma di vivere un'esperienza e qui entra in gioco in maniera imponente il ruolo della narrazione. Per quanto riguarda invece la promozione di se stessi, il racconto ha la funzione di trasferire la componente umana di una persona».
L'era del curriculum sta tramontando: cosa deve proporre e come deve proporsi oggi una persona che cerca lavoro?
«Le aziende hanno bisogno non solo del saper fare di un individuo, ma anche del suo essere, inteso questo come valori, fiducia e passione nel fare le cose. La narrazione del sé permette di trasferire questi aspetti che non possono trovare spazio in un tradizionale curriculum. Per fare questo gli ingredienti da utilizzare per rendere efficace il proprio personale racconto sono: l'essere se stessi; non esagerare (la semplicità ripaga sempre); non uscire dalle regole grammaticali che ogni media (soprattutto social) adotta; non rinnegare nulla (ma spiegare sempre); non aver paura di rinnovarsi».
Con il suo lavoro di storyteller ha incontrato imprenditori e aziende, in un certo senso ha attraversato la crisi da una angolazione diversa. Come la vede? Che opportunità ci sono?
«Girando per le piccole e medie imprese del Nordest, quelle che erano considerate un modello internazionale del fare impresa in Italia, si avverte a volte un senso di smarrimento. Poi è chiaro che una persona che ha scelto di fare l'imprenditore ha in sé innata un'attitudine positiva. Non può permettersi di piangersi addosso e di stare fermo a guardare cosa succede. Ed è qui che vedo una grossa opportunità. In questo momento di cambiamento, e come per tutti i cambiamenti, ci sono dei grossi ostacoli da superare. Credo ci sia la possibilità di ripensare ad un'impresa dove i valori siano fondanti e la ricchezza che va e deve generare abbia una visione più allargata. Una ricchezza non solo economica, ma anche sociale per tutti i portatori d'interesse di un'azienda. Dai dipendenti, ai fornitori, all'intera comunità dove si trova operare. Questa cosa si era un po' persa nel momento di boom economico e ora forse è il punto chiave da dove ripartire».
Esempi di imprenditori e aziende del Nordest che si sono approcciate allo storytelling?
«Sono sempre di più le aziende e gli imprenditori del nostro territorio che si approcciano allo storytelling. I casi sono diversi. Daniele Lago con la sua azienda sta facendo uno straordinario lavoro di storytelling. Un racconto che parte da lui fino poi ad arrivare all'intera azienda e che trova la sua completezza nei prodotti che poi vengono realizzati. De Rigo, nel mondo dell'occhialeria che sembra andare nella sola direzione delle grandi fusioni e delle holding, pur essendo l'unica azienda ancora famigliare, ha avviato un progetto di Corporate Storytelling veramente importante che va a narrare il perché fa le cose in maniera in diversa. È solo agli inizi, ma sta avendo un impatto positivo sull'intera organizzazione aziendale. Quello che Gianluca Seguso ha creato con la sua Experience della fornace a Murano, è uno straordinario esempio di costruzione di un percorso narrativo dell'impresa, che permette a chi lo fa di uscirne non solo come conoscitore della storia di questa gloriosa fornace, ma di innamorarsene e farla propria. In pratica si entra come visitatori e se ne esce come ambasciatori, e questa non è una cosa da poco».
Davide Scalzotto
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