Egregio direttore,
quando frequentavo il ginnasio, ho vissuto l'epidemia asiatica:

Mercoledì 26 Febbraio 2020
Egregio direttore,
quando frequentavo il ginnasio, ho vissuto l'epidemia asiatica: eravamo nel 1957/58 e fece due milioni di morti: ma non ricordo tutta questa isteria. Questa epidemia ha pochi morti (meno di 3000) ma la gente è andata in tilt. Ricordo che allora la vita continuava e nessuno si sognava di limitare la libertà personale che era e rimaneva sacra: qualche tempo prima si era combattuto per questa libertà. Ho visto in Tv che fermavano una signora che andava a prendere i medicinali per la chemio...ho visto le tende: hanno pensato ai disabili totali che hanno bisogno di assistenza continuativa H 24? Li mettono in tenda? Ciò che serve è la rianimazione: abbiamo reparti di rianimazione sufficienti? Non vedo disinfestazione di strade, autobus, palazzi ecc., cosa si aspetta? Intanto il mondo ci guarda esterefatto.
Claudio Jannucci
Spresiano(Tv)

Caro lettore,
purtroppo nel mondo globale anche l'isteria non conosce confini. Figuriamoci in Italia, dove il senso della misura è da sempre un illustre sconosciuto e dove, come diceva Churchill, si perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre. L'epidemia di coronavirus non è ovviamente un partita di calcio e non va per nulla sottovalutata, come è invece probabilmente accaduto nelle scorse settimane. Ma per combatterla le armi sono quelle fornite dalla scienza, sostenute da una gestione dell'emergenza ispirata alla massima prudenza, alla prevenzione e alla circoscrizione del fenomeno. Ciò che invece proprio non serve è l'allarmismo, l'esasperazione fine a se stessa dei rischi e delle conseguenze. Ma, ahinoi, questo è esattamente il clima prevalente che si respira in Italia in questi giorni e che, inevitabilmente, condiziona nelle loro scelte anche i paesi stranieri, che ci guardano ormai come gli untori d'Europa. E del resto: se Benevento respinge i cittadini veneti o lombardi, perchè la Francia o Mauritius dovrebbero accoglierli senza timore alcuno? Eppure la realtà dei fatti e dei numeri è un po' diversa: i dati ci dicono che altre epidemie hanno avuto effetti più devastanti e una tasso di mortalità ben superiore. E' vero: il numero di contagiati nel nostro Paese è in crescita, ma lo è anche perchè in Italia si stanno facendo migliaia di controlli, cosa che non accade invece nelle altre nazioni. Inoltre: va ricordato che la maggioranza delle persone che risultano positive al test spesso non ha neppure una linea di febbre e infatti non viene curata in ospedale, ma resta a casa sua. I contagiati da coronavirus in terapia intensiva, cioè in condizioni di salute precarie, sono invece una piccola minoranza. Sottolineare tutto questo non significa affatto minimizzare. La guardia va tenuta alta. Anzi, altissima. Ma con realismo e senso di responsabilità. Altrimenti, come sta già accadendo, rischiamo di moltiplicare i danni.
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