EDITORIA
VENEZIA Non le manda a dire, Marco Toso Borella, nell'ultimo pamphlet

Martedì 27 Ottobre 2020
EDITORIA
VENEZIA Non le manda a dire, Marco Toso Borella, nell'ultimo pamphlet politico tutto dedicato alla sua Venezia ai tempi del coronavirus. Originario di Murano dove vive e lavora come pittore e incisore su vetro e direttore dei Vocal skyline e della Big vocal orchestra, il coro più numeroso d'Italia, nel suo scritto ha lasciato scorrere la penna senza freni. Dando vita ad un testo provocatorio in cui tocca gli argomenti più disparati: dall'arte alla cultura, dal turismo alla politica, dalle grandi navi al Mose. Perché #Fase Zero - La verità su Venezia in nove capitoli (Supernova 2020) è una denuncia chiara, senza giri di parole, di ciò che in laguna non va. Un'analisi asciutta, da parte dell'autore, di una città che sta attraversando un periodo complicato. «Il sistema è saltato - si legge -. Non esistono più i punti cardinali di un tempo. Quindi inutile, se non dannoso, tentare di ripristinarli a tutti i costi». Nulla potrà essere più come prima. Allora ecco che da tale certezza parte una speranza. Quella di un cambiamento concreto, del superamento di alcune dinamiche malsane che oggi, forse, la città lagunare ha l'occasione di lasciarsi alle spalle.
DAI BLOG AL LIBRO
E il tutto come lo stesso autore racconta è nato da alcuni post pubblicati sul suo blog nel corso del lock down, accolti positivamente da molti ed anche dall'editore veneziano Giovanni Di Stefano, che ha voluto farne una pubblicazione. «Post che inizialmente erano uno sfogo spiega Toso Borella, chiarendo di voler continuare a dire la sua senza entrare in politica il grido di un artista che vive ed opera per l'arte della sua città. Non tanto di fronte all'emergenza covid e alle sue drammatiche conseguenze economiche, ma piuttosto all'emergere dei tanti nodi che hanno portato Venezia ad essere così pesantemente colpita, venuti al pettine proprio nel momento in cui la marea turistica si è ritirata. Tutte le attività sono mirate infatti a quello che io chiamo l'alieno: ci stiamo adattando alle esigenze di qualcuno che viene da fuori». Tra gli argomenti toccati, l'importanza di tutelare la città, la «più fragile del mondo», a fronte del passaggio delle grandi navi, dello scavo dei canali e dei vicini impianti chimici. L'autore dice il suo no alla monocultura turistica e ad una Venezia sfruttata come vetrina da sedicenti artisti internazionali («basta con la famosa gente che sa, che parla di pittura senza saper dipingere»), con riferimento anche alla Biennale. «L'errore è che stiamo adattando una realtà a ciò che teoricamente è richiesto. La nostra offerta è in funzione della domanda, ma non si può far sì che il mondo esterno condizioni la nostra esistenza quotidiana. Chi vive qui deve trovare il suo contesto naturale e riconsiderare il piano regolatore della città: dobbiamo dire chi siamo e non soltanto dare».
LA RICETTA SPECIALE
L'autore fa proposte che vadano oltre il profitto derivante dal turismo, ipotizzando una formattazione dell'«hard disk Venezia che, se vuole risorgere, deve ripensarsi». «Venezia è un malato che deve essere curato con una ricetta speciale. Ci vogliono coraggio, spirito di sacrificio e pragmatismo. Non servono cento botteghe di borse, scarpe, souvenirs una accanto all'altra. Servono botteghe che alimentino la socialità, la resilienza, la residenza. La vita. Facciamo sì che Venezia non sia più solo la città che tutti sognano di visitare ma in cui tutti sognino di vivere».
Marta Gasparon
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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