Acqua alta/1
Le promesse
dei politici
L'anno scorso, al capezzale dei drammatici

Mercoledì 20 Novembre 2019
Acqua alta/1
Le promesse
dei politici
L'anno scorso, al capezzale dei drammatici disastri provocati dall'uragano Vaia, la politica, intesa la pubblica amministrazione, versando lacrime di dolore per le gigantesche distruzioni alle aree boschive, per i consistenti danni alle abitazioni e alle infrastrutture delle Terre Alte, aveva promesso, con roboanti dichiarazioni ai mass-media, la destinazione di consistenti finanziamenti per concrete azioni di prevenzione, tutela e salvaguardia ambientale. A consuntivo dopo oltre dodici mesi: tante parole, tanti cartacei progetti, limitate disponibilità finanziarie, oltretutto scarsamente esigibili dai cittadini e dalle imprese impegnate nella rinascita dei boschi e nella ricostruzione edilizia. Oggi di fronte alla catastrofe provocata dal ritorno della acqua granda a Venezia, quella stessa politica locale, regionale e nazionale (in quest'ultima, rispetto al 2018, c'è stato il cambio delle persone al governo) nel versare lacrime di sconforto (legittimo qualche dubbio sulla loro sincerità) per gli elevatissimi danni alla straordinaria Serenissima Città delle palafitte, ai microfoni dei giornalisti, scaricando proprie responsabilità ad altri (la schifezza del Mose è da oltre vent'anni il ping pong dello scarica barile politico ed è la squallida paratoia dello sperpero di soldi pubblici) ripropongono gli stessi (strumentali) impegni (alle porte ci sono le scadenze elettorali amministrative del 2020) promessi per le aree dolomitiche, per l'Altopiano di Asiago, per il Polesine e per tutto il restante Veneto martoriato dal maltempo. Se nei prossimi giorni (giorni e non mesi e anni) i politici dalle facili interviste, non metteranno a disposizione almeno tre miliardi di euro, saranno giudicati come governanti dai piagnistei codardi.
Franco Piacentini
Mestre
Acqua alta/2
Venezia non ha bisogno
di essere commiserata
Il Veneto ha il vento persino nel nome, e fin dai monti è abbondantemente affacciato sul mare, a cominciare da Venezia, dove non so quanto manchi a ritrovarci con il fondo dei canali asfaltati-piastrellati di plastica e filtri di sigaretta. Bella, mi piace l'arte che ricicla-riusa la plastica, ma se l'estetica resta un'etica circoscritta alle gallerie, nemmeno la plastic-tax e la normativa plastic-free potranno bastare a frenare la morte per plastica dei mari e delle sue creature, e di Venezia, sommersa anche da una tremenda marea di stivali usa-e-getta. Tuttavia, dopo questa serie-raffica di alluvioni ravvicinate senza precedenti, Venezia - che dietro le facciate incantevoli è assai più articolata-stratificata di come sembri a chi non la vive - ha bisogno di ben altro che di essere commiserata, e forse le servono anche delle parole più viscerali-sferzanti e diversamente poetiche come queste da L'insostenibile leggerezza dell'essere: I tubi di scarico, pur penetrando con i loro tentacoli nei nostri appartamenti, sono accuratamente nascosti ai nostri sguardi e noi non sappiamo nulla delle invisibili Venezie di merda sulle quali sono costruiti i nostri bagni, le nostre camere da letto, le nostre sale da ballo e i nostri parlamenti. Ecco, per essere risanata strutturalmente e non con toppe-tamponi posticci, a Venezia servono ben altro che interventi-parole di facciata.
Fabio Morandin
(Venezia)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci