«Bollette fuori controllo, qui chiudiamo»: il grido d'allarme dei ristoratori pontini

Venerdì 16 Settembre 2022 di Laura Pesino
«Bollette fuori controllo, qui chiudiamo»: il grido d'allarme dei ristoratori pontini

Ha pubblicato sulla pagina Facebook del suo locale il conto di una salata bolletta, che ha fatto rapidamente il giro del web tanto da attirare l'attenzione dello stesso gestore che ha chiesto di rimuovere l'indicazione del fornitore: 7.023 euro per gas e luce, in scadenza tra pochi giorni. Un salasso' per Simone Del Franco, gestore della Pucceria Pontina, non il primo, ma certamente il più consistente, e purtroppo neanche l'ultimo.
«La situazione è drammatica, siamo abbandonati da tutti. La nostra categoria con il lockdown è stata in ginocchio, con questa nuova crisi ha toccato il fondo racconta Simone La bolletta che ho pubblicato è di luglio, ma gli aumenti sono stati progressivi e c'erano stati già da aprile-maggio. Io prima pagavo meno di 3mila euro, a luglio ho sborsato più di 4mila, ora 7mila euro. E non so francamente come posizionerò il costo nel conto economico. Siamo al tracollo. E ancora devono arrivare le bollette di agosto e poi quelle dell'inverno».
Aumenti insostenibili che ora l'imprenditore chiede di rateizzare, sapendo bene però che le nuove rate non risolveranno i problemi perché andranno ad aggiungersi a quelle del lockdown quando, spiega, «siamo rimasti aperti, non abbiamo licenziato, abbiamo continuato a far fronte a mutui e finanziamenti, lavorando esclusivamente con l'asporto».


A catena poi per un locale è aumentato tutto: dall'olio per friggere agli imballi fino al gas per il sottovuoto. «Ho ritoccato un po' alcuni i prezzi, circa 50 centesimi a prodotto racconta ancora il gestore della Pucceria Ma è difficile che si riesca a recuperare».

Dello stesso avviso Paolo Prearo, proprietario del ristorante L'Arco di Latina, che un mese fa per risparmiare ha dovuto spegnere l'aria condizionata: «Non possiamo permetterci di aumentare i costi sottolinea Non siamo strozzini, siamo commercianti e sottostiamo a regole precise date dallo stipendio dei nostri clienti. Se il cliente continua a guadagnare 1.500 euro non possiamo certo alzare i costi altrimenti a mangiare fuori non va più nessuno. Il risultato è che dobbiamo rimetterci i soldi di tasca nostra, nonostante già veniamo dalla crisi dovuta al covid. Le mie bollette sono aumentate da 4mila a 8mila euro. Ora aspetto la cartella esattoriale».


Due voci in un dramma collettivo che appare al momento senza soluzione. «La difficoltà è di tutti, trasversale dice Stefania Dottori, direttrice di Federlazio Non si salva nessuno. E il rischio maggiore sa qual è? Da una parte la disperazione degli imprenditori, dall'altra l'assuefazione alla disperazione. La stagione dura poi deve ancora cominciare e non si riuscirà a lavorare senza avere ricadute importanti anche sul fronte dell'occupazione. Il timore è che perderemo imprese, perché gli ammortizzatori sociali non sono ancora predisposti per affrontare situazioni del genere e se pure ci fossero sarebbero una coperta troppa corta. Qui si è arrivati all'assurdo: chiedere un prestito per pagare le bollette».


Dietro gli aumenti indiscriminati soprattutto di gas ed energia c'è anche l'ombra della speculazione e sono tutti concordi nel dire che la politica, impegnata nella nuova campagna elettorale, di fatto resta immobile. «Interventi seri non ne vediamo all'orizzonte aggiunge Ivan Simeone, direttore Claai Assimprese del Lazio sud I bonus sono mancette di Stato e nient'altro. I piccoli imprenditori sani ora metteranno mano al portafoglio e pagheranno, la prossima volta licenzieranno, e poi? Il problema riguarda tutti, imprenditori, ristoratori, commercianti e perfino studi professionali. Non abbiamo ancora un quadro numerico chiaro ma possiamo dire che se la situazione va per le lunghe le piccole aziende potrebbero chiudere, sospendere l'attività o licenziare».
«Le nostre imprese, soprattutto metalmeccaniche spiega anche Giampaolo Olivetti, presidente di Impresa sono allo stremo. Le imprese produttive sono quelle che subiscono di più e che arrivano già da un periodo difficile come quello della pandemia. C'è anche un altro problema che si aggiunge: quello delle commesse bloccate, con prezzi fissi per due anni in cui il margine di guadagno era già basso. Come si fa a sopperire ai costi? Quando le spese cominciano a essere superiori al fatturato le riserve finiscono e ci ritroveremo con imprese costrette a licenziare o a chiudere. Qualcuno poi già pensa di trasferire la produzione all'estero, magari in Paesi come il Canada dove vengono offerte agevolazioni e l'energia costa pochissimo».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA