Al supermercato ora spunta il separè in cassa

Domenica 8 Marzo 2020
LA STORIA
UDINE La spesa ai tempi del coronavirus: al supermarket spunta il separè alle casse. L'idea è frutto di pura creatività autoprodotta. Un fai da te ingegnoso che ha debuttato in questi giorni al Pam Express di via Battisti a Udine e che, in città, ha tutta l'aria di essere un apripista nel mondo dei supermercati.
L'IDEA
Come spiega il direttore del punto vendita, Federico Calligaro, «l'idea è venuta a me e ad una collega, Elena Petris, anche per cercare un pochino di proteggere gli addetti, visto che alle casse abbastanza spesso si trova un ammasso di gente. Fra i dipendenti c'è chi ha figli piccoli, è un modo per non avere sorprese. Per evitare un contatto stretto con la clientela, nel rispetto di tutti, abbiamo pensato di mettere una semplice barrieretta in plexiglass, che abbiamo appena installato, anche per protezione nostra. Abbiamo mandato una foto anche al capoarea, che ha apprezzato l'idea. D'altra parte, è a favore dell'azienda». Un «fai da te», ammette il responsabile del Pal Express. Lo spunto, spiega, gliel'hanno offerto «le immagini viste in televisione degli uffici in cui hanno deciso di installare dei pannelli in plexiglass per dividere l'operatore dall'utente. Abbiamo usato due pezzi di questo materiale che avevamo in magazzino, abbiamo preso due morsetti e li abbiamo montati davanti alle casse». Una tutela in più, nell'era dei contagi da coronavirus, in un negozio che ogni giorno macina «settecento o ottocento scontrini, con tante spese piccole» e altrettanti clienti, che, nonostante l'emergenza da Covid 19, non hanno subito un grande calo: «Abbiamo solo fatto i conti con la mancanza dei ragazzi che venivano ad ora di pranzo dopo scuola», spiega il responsabile.
IL SINDACATO
Il sindacato applaude all'idea. «Il separè alle casse per tutelare tutti quanti mi sembra una buona cosa - rileva Francesco Buonopane (Filcams Cgil) -. Non mi risulta che una misura analoga sia stata adottata in punti vendita della grande distribuzione in provincia di Udine. Ma sarebbe giusto farlo: sarebbe bello estendere questa iniziativa. Il problema è sempre chi paga. Dovrebbe farlo l'azienda, ma se non è obbligata non credo che sia un costo che una catena si sobbarcherebbe. Potrebbe intervenire il pubblico». Il tema è sempre quello, dibattutissimo, del metro di distanza fra le persone, che sarà (anche quello) sul tavolo del confronto a tema coronavirus (declinato su commercio e turismo) fra Cgil, Cisl e Uil e l'assessore Sergio Emidio Bini domani. «Ad oggi - rileva Buonopane - c'è un'ordinanza che non viene rispettata di fatto, nella parte in cui si prevede di contingentare gli ingressi e di assicurare la distanza minima fra le persone. E non viene applicata perché è inapplicabile. Basti pensare ad un bar: il titolare dovrebbe stare alla porta e, dopo che sono entrate tot persone, dire no, tu vai via? Nei negozi, ci sono cassiere che quando hanno chiesto di non ammassarsi alle casse, si sono sentite rispondere male dai clienti. Cosa si fa? Si mandano in giro i militari a controllare? Si mettono dei commessi apposta? L'ordinanza non può, ad oggi, essere rispettata se non con un aggravio di costi a carico del privato che non vuole sobbarcarsi queste spese. Il pubblico deve andargli incontro».
CITTÀ FIERA
Anche Antonio Maria Bardelli, che regge le sorti del Città Fiera, non ha notizie di separatori fra cassiere e clienti adottati altrove. «Noi rispettiamo l'ordinanza e le normative. Abbiamo messo i dispenser con l'igienizzante. Il cinema e il bingo garantiscono il rispetto delle distanze. In tutta Italia c'è un calo di affluenza generato dal panico che si è creato: in Campania in alcuni centri ci sono flessioni superiori a quelle che abbiamo avuto noi. Al Città Fiera ci attestiamo su un calo del 20% delle presenze», che, però, non si traducono in una diminuzione del fatturato, perché chi va al centro commerciale va per riempire il carrello. «Il fatturato dipende dai settori. Venerdì, per esempio, il nostro negozio sportivo ha fatto il 40% in più. Ci sono altri settori che soffrono di più, come l'abbigliamento o i beni durevoli, e altri di meno». Purtroppo, riflette Bardelli, «ci sono due tipi di paura. Oltre a quella del virus, che secondo me avrà vita breve, in Italia stiamo facendo di tutto per creare la paura del futuro. Alla gente bisogna dare speranze: il virus passerà, bisogna mettere in pratica tutte le misure e non aver paura, perché la paura ci ha già fatto diventare un ghetto per altri Paesi europei».
Camilla De Mori
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