IL CASO
ROMA Sono mesi che il destino di Jo Song-gil, il diplomatico nordcoreano

Giovedì 21 Febbraio 2019
IL CASO
ROMA Sono mesi che il destino di Jo Song-gil, il diplomatico nordcoreano sparito nel nulla dalla sede di Roma, resta un mistero. Ma ora il giallo diventa ancora più fitto, perché nella vicenda si è inserita una nuova sparizione, quella della figlia di 17 anni, che viveva con lui, la madre e studiava nella Capitale. «È stata rimpatriata», ha detto in una conferenza stampa a Seul Thae Yong-ho, ex viceambasciatore a Londra di Pyongyang e a sua volta disertore, spiegando di essere riuscito a verificare la notizia con delle fonti interne. «Ora si trova in Corea del Nord sotto il controllo delle autorità», ha aggiunto. Non è chiaro, però, se la ragazza sia stata riportata con la forza a Pyongyang dagli 007 di Kim Jong-un oppure se sia rientrata volontariamente. Ce n'è abbastanza, comunque, per creare fibrillazione nella maggioranza di governo: il M5S ha parlato di «fatti gravi», chiedendo al ministro dell'Interno Matteo Salvini di riferire in Parlamento.
LE DATE
Quello che è certo è soltanto che Jo è tra le figure di maggior peso nella nomenclatura del Nord ad aver optato per la diserzione. Anche se per Pyongyang le cose sono andate diversamente: Jo e la moglie hanno lasciato l'ambasciata di Roma il 10 novembre e la figlia è rientrata di sua volontà 4 giorni dopo, perché aveva chiesto di stare con i nonni. O almeno questo è quanto la sede diplomatica nordcoreana ha comunicato, ma a cose fatte, alla Farnesina, il 5 dicembre, come riferito dallo stesso ministero degli Esteri. Di certo per fare chiarezza su quei 20 giorni di novembre mancano ancora diversi tasselli.
Si sa però che in campo è entrata l'intelligence italiana, e la conferma arriva dall'interessamento del Copasir che si è attivato da tempo e segue con attenzione la vicenda. E allora, viene spiegato, che sia l'ambasciatore Jo sia la moglie, una volta stabilito il contatto con i nostri 007, sono stati messi a conoscenza dei rischi che poteva correre la ragazza alla luce delle loro scelte. Questo però non avrebbe cambiato la loro volontà di disertare e i due si troverebbero tuttora sotto la protezione dei servizi segreti italiani, anche se non è chiaro se siano ancora nel nostro paese o in un altro vicino. La protezione di cui godono, infatti, sarebbe anche il frutto di una iniziativa concordata con altri stati occidentali.
Resta comunque l'ombra di un possibile blitz degli agenti segreti di Kim in territorio italiano, e questo ha già messo in allarme i 5 Stelle, con il rischio che si apra un nuovo fronte nei fragili equilibri di governo con la Lega. «La storia di Jo Song-gil e di sua figlia, rapita dall'intelligence nordcoreana in Italia, se confermata, sarebbe un caso di una gravità inaudita e chi ha responsabilità pagherà», ha avvertito il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano. Evocando un nuovo caso Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako rimpatriata dal suolo italiano tra mille polemiche. Altri deputati pentastellati, a partire dalla vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni, hanno chiesto al ministro Salvini di «chiarire in aula quanto prima». Così come l'opposizione, dal Pd a Leu, da Forza Italia a Fratelli d'Italia.
«Non sono sicuro di quanti figli avesse Jo, ma quella che era in Italia è stata rimandata in Corea del Nord - insiste Thae Yong-ho - Jo è attualmente con la moglie», e si trova probabilmente ad affrontare una «situazione difficile, nella quale non gli è possibile far sapere dove si trovi o apparire in pubblico per il timore legato alla sicurezza della figlia».
LA CARRIERA
Jo Song-gil era arrivato in Italia con un nuovo mandato diplomatico a maggio del 2015, divenendo incaricato d'affari e quindi reggente della sede fino a novembre 2018, a seguito dell'espulsione dell'ambasciatore Mun Jong-nam a ottobre 2017 in risposta al sesto test nucleare fatto dal Nord appena un mese prima. «Non posso più dirgli pubblicamente di venire in Corea del Sud», conclude Thae, ricordando che il Nord è solito procedere ad aspre ritorsioni nei confronti dei familiari delle persone che decidono di disertare a Seul piuttosto che in Paesi terzi.
C. Man.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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