IL CASO
ROMA È considerata la Panama del Mediterraneo, l'isola dove si può

Mercoledì 18 Ottobre 2017
IL CASO
ROMA È considerata la Panama del Mediterraneo, l'isola dove si può aprire una società in pochissimi giorni. Malta, a cento chilometri dalla costa della Sicilia è anche qualcosa di più di un buon approdo per fare affari. È riciclaggio, fondi neri, passaggio di armi e di droga. E anche di mafia, la mafia russa, che sembra considerarla, al pari di Cipro, come una buona postazione per ramificare i suoi interessi nei Balcani e in Grecia. Così descrivono La Valletta i vari dossier che vengono pubblicati periodicamente dai membri dell'Europarlamento. Come un crocevia di affari sporchi, sui quali Daphne Caruana Galizia, la giornalista uccisa da una bomba nella sua auto, sembra aver messo più volte gli occhi. Interessi loschi sui quali vuole fare chiarezza anche la nostra Commissione antimafia, guidata da Rosy Bindi. Una missione programmata da tempo, che ha l'obiettivo di fare luce sul tema del riciclaggio del denaro sporco. E anche delle numerose concessioni di gioco online, di cui Malta è il centro.
IN ARRIVO L'FBI
Non è da oggi, poi, che La Valletta è al centro di simili episodi criminali. Da anni si usano bombe e pistole per fare fuori gli avversari negli affari e silenziare giornalisti come Daphne. Dopo l'attentato l'isola è nel caos, sono state organizzate manifestazioni di protesta e il magistrato al quale è stata affidata l'inchiesta ha lasciato l'incarico perché più volte si era trovata in contrasto con la vittima. E ieri è stato chiesto anche l'aiuto di Washington che ha deciso di inviare investigatori dell'Fbi per indagare sulla morte (la Cia ha già una stazione sul posto), ma anche e soprattutto per cercare di recuperare il materiale sul quale la giornalista lavorava. La blogger ha svolto un ruolo centrale nelle rivelazioni sui Panama Papers, la grande manovra di evasione fiscale che ha coinvolto personalità politiche, gente dello spettacolo, sportivi. Lei aveva lanciato accuse a Michelle, la moglie del premier Joseph Muscat, innescando una crisi politica profonda con i sospetti di rapporti-tangenti che portavano in Azerbaigian. Di nemici, insomma, ne aveva tanti, al punto che qualcuno di loro ha deciso di infilare sotto la sua vettura una bomba da attivare a distanza con il cellulare. Tecnica usata dai terroristi, ma propria di mafiosi e di killer.
Ieri il figlio della vittima, Matthew, ha voluto ribadire le sue accuse sui social network: «La morte di mia madre non è una tragedia, fa parte di una guerra, quella contro uno stato mafioso. Mia madre è stata assassinata perché era per lo Stato di diritto contro chi vuole violarlo. Ecco dove siamo: in un Paese mafioso dove puoi cambiare gender sulla carta di identità ma vieni ridotto in pezzi se eserciti le tue libertà».
Cristiana Mangani
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