Huawei, Pechino evita le ritorsioni sugli Usa «Il negoziato continua»

Sabato 8 Dicembre 2018
LA SFIDA
SHANGHAI L'arresto su richiesta statunitense di Sabrina Meng Wanzhou, numero uno delle operazioni finanziarie di Huawei, ha procurato un bel grattacapo alla leadership di Pechino. Come reagire? Tra le ipotesi c'è quella di una rappresaglia diretta, contro qualche big manager delle multinazionali Usa presenti nel gigante asiatico. Ieri però il ministero degli Esteri ha negato nettamente questa possibilità: «La Cina ha sempre protetto i legittimi diritti e interessi dei cittadini stranieri che rispettano la legge». Il fermo di Meng in Canada per presunte violazioni delle sanzioni all'Iran da parte di Huawei mette sotto scacco la Cina che si atteggia a campione del libero scambio e della globalizzazione: le sue possibilità per una ritorsione sullo stesso terreno sono limitate. Per questo motivo il presidente Xi Jinping e gli uomini a lui più vicini si muoveranno con estrema prudenza. Pechino dunque insiste con la richiesta dell'immediato rilascio di Meng, ma vuole evitare una nuova escalation con Washington.
IL CONFRONTO
Per quanto riguarda le ripercussioni dell'arresto di Meng sui negoziati Pechino-Washington sul commercio (il cui inizio è previsto per la fine del mese), i cinesi hanno fatto sapere ufficialmente che ritengono le due questioni separate e che confidano di raggiungere un accordo con gli americani per mettere fine alla guerra dei dazi entro i prossimi tre mesi. Ma il consigliere di Trump, John Bolton, ha replicato che il caso Huawei entrerà a far parte delle trattative. E non le renderà più semplici. Per i cinesi Huawei non è un'azienda come le altre. Il colosso delle telecomunicazioni ha 180mila dipendenti in 170 paesi e un fatturato previsto di 100 miliardi di dollari per quest'anno e, soprattutto, è il simbolo dell'ascesa vertiginosa di Pechino in quel settore hi-tech. Nelle ultime ore sui social media cinesi si è fatta largo la rabbia di chi percepisce l'arresto della figlia del fondatore di Huawei come un tentativo di frenare le legittime aspirazioni del Paese.
Michelangelo Cocco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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