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Università, il ministro Fioramonti: «Più fondi agli atenei del Centro Sud: basta divario con Milano»

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Lunedì 18 Novembre 2019 di Simone Canettieri
Lorenzo Fioramonti
  • 25
Ministro Lorenzo Fioramonti, il suo collega Giuseppe Provenzano, titolare del ministero del Sud, nei giorni scorsi ha detto: Milano prende dall’Italia e non restituisce nulla. Concorda con quest’affermazione?
«Milano è un grande esempio di come riscattare una città italiana portandola in Europa, il compito dello Stato è fare in modo che tutte le altre città siano messe in condizioni di correre. Ecco perché spingo molto, per quanto riguarda le mie competenze, per istituire un fondo di perequazione. Non mi stancherò mai di dirlo: occorre creare operazioni di sistema. Non esiste solo il divario tra Nord e Centro-Sud, ma anche tra centro e periferie». 

L’economista Gianfranco Viesti ha stimato, su questo giornale, c he per quanto riguarda l’università il sistema del reddito aiuta Milano e penalizza Roma. I campus del capoluogo lombardo incassano 1.900 euro a studente contro i 1.200 della Capitale. Anche il turnover dei professori è legato alle entrate. Come pensa di porre fine a questo gap?
«Io sono romano e ho ben presente la situazione. C’è un problema di fondo per il quale stiamo ponendo rimedio».

Ossia?
«Nell’ambito universitario ci sono atenei che si trovano a operare in aree socio economiche ricche e che hanno più facilità a reperire finanziamenti perché gran parte della popolazione studentesca ha un reddito superiore alla no tax area. Nelle altre aree accade la dinamica opposta. Ecco perché ho introdotto un sistema perequativo nella distribuzione dei fondi pubblici affinché ci sia un punteggio più alto per le università che si trovano in territori con un Pil basso o comunque nelle zone interne».

E questo meccanismo quali effetti pratici produrrà?
«Sia per i finanziamenti sia per le risorse umane si terrà conto delle aeree più complesse e svantaggiate».

La vicenda della Fondazione Human Technopole è l’ennesima riprova di come Milano fagociti tutto a discapito di Roma e del Sud. Possibile che non si possa arrivare a un riequilibrio?
«Va evitata la contrapposizione. La Fondazione deve essere una opportunità per il Paese, ma bisogna agire come una squadra, pensando a un ecosistema. Mettendo a sistema, appunto, i finanziamenti». 

E dunque? 
«Sostengo l’emendamento proposto dalla senatrice Cattaneo affinché si vincolino 80 dei 140 milioni di euro statali per la copertura dei costi di ideazione, costruzione e mantenimento di facilities nazionali Ht e delle spese di mobilità dei ricercatori di università, irccs e enti pubblici di ricerca». 

Lei è romano, di Tor Bella Monaca, una delle periferie più complicate d’Italia, tra le più grandi piazze di spaccio d’Europa. Ormai è una situazione irrecuperabile?
«Ho vissuto sulla mia pelle questo divario. Quando vivevo a Torbella, il gap era importante ma non estremo come adesso. Questa è una perdita per il Paese. Spesso mi domando: ma quanti mancati scienziati, avvocati, dottori o commercialisti sono costretti a rinunciare ai loro sogni solo perché mancano infrastrutture sociali ed economiche?»

Insomma, lei si sente fortunato.
«In queste zone ci sono magari, per fare un paragone, tanti Usain Bolt che però non potranno mai correre: solo perché non c’è una palestra».

Oltre alla criminalità ci sono problemi di convivenza sociale: mancano i servizi ed è tutto più difficile. 
«Quando l’immigrazione viene accolta solo nei quartieri che hanno già problemi si rischia di creare ghetti e situazioni pericolose».

Ecco, cosa dice alla sindaca Virginia Raggi che tra le altre cose è del M5S come lei?
«A Raggi dico: bisogna fare in modo che i servizi arrivino ovunque, che ci sia decentramento degli uffici pubblici. E poi serve decentramento delle opportunità territoriali. Serve un patto per la ricerca che dica alle imprese: pensate a collocarvi anche nelle periferie. Dobbiamo fare come a Berlino, creare piccole città autonome che non siano solo enormi quartieri dormitorio».

La manovra è alla discussione delle Camere. E i 3 miliardi da lei richiesti per scuola e università non ci sono. Dunque manterrà la parola e si dimetterà?
«Sulla manovra ho la stessa posizione da sempre, anche quando ero viceministro con Bussetti. Ritengo che la scuola e l’università siano in fase di annegamento. Chiedo di arrivare alla linea di galleggiamento».

Altrimenti?
«Altrimenti dall’anno prossimo tante università non potranno pagare gli stipendi. Secondo la media europea: l’Italia dovrebbe investire 24 miliardi di euro. Dieci anni fa, sono andato a rivedere le cifre, su scuola e università c’era un investimento di 5 miliardi. La mia non è una pretesa arrogante, ma una battaglia politica. Chiedere 3 miliardi è il minimo per arrivare, appunto, a una soglia di galleggiamento ed evitare il fallimento di tante università».

Conferma le dimissioni nel caso non riuscisse a centrare questo obiettivo? 
«Sì, d’altronde le mie armi politiche sono queste: mettere sulla bilancia la fine della mia esperienza governativa. Anzi, mi permetta una battuta».

Ovvero?
«Se prima di me ci fossero stati altri ministri pronti a mettere a rischio la loro carriera governativa per salvare i fondi, ora non starei minacciando le dimissioni».

Sarà una lotta all’ultimo emendamento.
«Ogni giorno rosicchio qualche euro in più per provare a resistere».

Quando partiranno i nuovi concorsi? 
«Quelli ordinari e straordinari inizieranno a settimane e prevederanno l’assunzione di 50mila persone. Ancora troppo poche, certo. Quota 100? Abbiamo presentato un emendamento che può aiutare al massimo lo sviluppo del turnover».

Il M5S non se la passa molto bene, concorda?
«Il M5S deve trovare il coraggio della fase iniziale: deve presentare un’idea di un Paese diverso, altrimenti non ha senso, il Movimento. Io rappresento al meglio lo spirito idealistico del M5S: dalle nuove tecnologie all’educazione dello sviluppo sostenibile, a partire dal prossimo anno con la rimodulazione dell’educazione civica. Negli ultimi anni si è perso questo spirito. Non stiamo lì per i sondaggi, ma davvero per cambiare il Paese».

Una volta lei disse che il M5S dovrebbe radicarsi come i vecchi partiti e propose come modello il Pci: è sempre della stessa opinione?
«Sì. Bisogna evitare i personalismi e puntare su una struttura forte con centri studio di area grillina, altrimenti saremo sempre a ricasco del sistema. Dove formiamo la classe dirigente?».

C’è un pezzo di grillini che guarda a lei come leader.
«Nonostante la cattiva stampa, tanti parlamentari si confrontano con me, non ho alcuna ambizione».

Di Maio è sotto attacco.
«Faccio tanti complimenti a Luigi: è un ottimo giocoliere, tiene in volo trenta palline contemporaneamente, occupandosi di tutto, ma non può fare tutto da solo».

In Emilia Romagna il M5S dovrebbe presentarsi?
«Non lo so perché non conosco nel merito la vicenda territoriale. Di sicuro, però, dobbiamo aiutare il fronte progressista a vincere, quindi Bonaccini».
  Ultimo aggiornamento: 18:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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