Tav, in Italia la boicottano mentre per gli altri è da Grand Tour

Lunedì 30 Luglio 2018 di Mario Ajello
Tav, in Italia la boicottano mentre per gli altri è da Grand Tour
Non è il primo caso, e purtroppo non sarà l’ultimo. Perché l’autolesionismo italiano ha una storia plurisecolare. Il caso è questo. È mai possibile che la Tav venga considerata nel mondo un’eccellenza italiana, e insieme europea, agli occhi del mondo e noi invece ce ne vergogniamo e vogliamo eliminarla, oltretutto pagando, autolesionismo chiama autolesionismo, penali con cifre astronomiche? Ma quale maledizione, la Tav è un’attrazione. Ma soprattutto per gli stranieri, che vogliono vedere il tunnel più lungo del mondo (57 chilometri e mezzo).

Tour operator giapponesi, compagnie di viaggio americane, torpedoni europei: dove i No Tav si assiepano per tirare sassi al cantiere e distruggere quello che dovrebbe essere un orgoglio nazionale, amanti del Belpaese - quelli che magari poi andranno a vedere il Colosseo o sono appena reduci da un tra le antichità siciliane della Magna Grecia - si spingono parlando tutte le lingue a Chiomonte, nel tunnel ferroviario della Maddalena, per ammirare come la nostra tecnologia scava le montagne, costruisce le piste su cui correranno i super-treni e coniuga l’iper-modernità con l’ambiente.

Anche se gli antagonisti fanno la guerra e i politici meno avveduti vogliono fermare tutto, Uno Sugyama, manager dell’Akita Tour, racconta: «Il pacchetto per la Val Susa, con dentro la visita al cantiere Tav, da noi è richiestissimo. Tra i giapponesi c’è molto interesse per il vostro modello di sviluppo economico legato alle infrastrutture». Ma davvero? Non è l’obbrobrio quest’opera, come dice la retorica sinistrese e grillina, e questi ultimi sarebbero capaci di rompere il patto di governo con la Lega pur di assecondare l’ideologia anti-sviluppista di cui sono prigionieri? 

GUERRA DI IMMAGINI
Non solo la Akita Tour, ma anche Promotur, CulturalWay, Sweetaly, Oneiros, Vertigo, Bus Company e altre agenzie portano gruppetti di 25 persone alla volta - che ormai sono diventate migliaia e le richieste aumentano - dentro il ventre dell’Alta Velocità. Che è diventato anche un luogo di graffiti e di dipinti, ossia la Tunnel Art Work a 2800 metri nel cuore della montagna, e un circuito pieno di pannelli illustrativi che porta fino a un maxischermo da multisala dove si vede in diretta la scavatrice che procede. Gli americani pensano di stare in un film di fantascienza.

I giapponesi godono. Gli europei non vedono l’ora che i lavori finiscano, così l’Europa diventa ancora più Europa. Mentre fuori dal cantiere i No Tav hanno riempito i piloni dell’autostrada con la loro arte combat - esempio: il treno- mostro che si mangia la montagna cioè la civiltà - dentro il cantiere si può ammirare l’arte opposta. Quella di chi non guarda indietro ma avanti. E dunque si combatte una battaglia: tra l’arte di fuori e l’arte di dentro. Quelli di dentro sono convinti che alla fine i niet governativi a 5 stelle non vinceranno. E comunque, dice uno degli ingegneri della grande opera: «A un certo punto, dopo un lungo dibattito, abbiamo deciso di sfidare comunicativamente tutti i nemici della Tav. La nostra cultura, che è quella del progresso, prova ad opporsi alla vulgata dominante. Quella che ci descrive falsamente come distruttori e non come costruttori». 

IL GIGANTE
Lo stupore dei giapponesi, dentro la montagna illuminata dalla tecnologia, si esprime con parole così: «Ma allora gli italiani non sono fermi all’antichità!». Certo, che no. Ovviamente c’è anche il turismo tecnico nel cantiere: studiosi da tutto il mondo, ingegneri, geologi, studenti prenotano e arrivano. Anche perché questo della Tav è uno dei 4 progetti top in Europa. Ma ecco un gruppo di turisti che guardano un gigante spettacolare: è la macchina di scavo, un trapano di 12 metri di diametro con una punta lunga 250 metri e la potenza di dieci motori da Formula uno. Lo guardi per un’ora e vedi che il gigante, in questo lasso di tempo, scava per un metro. Si avanza a una velocità di 15-20 metri al giorno. Nel 2029 si consegnerà tutto. Se invece si decidesse di attappare, fra gli applausi dei fan della “decrescita felice” ma costosa, si risparmierebbe qualche euro (non molto) e si finirebbe di chiudere l’ultima galleria nel 2027, cioé con due anni di anticipo rispetto alla fine dei lavori. E non ci sarebbero turisti giapponesi ad ammirare lo spettacolo della solita Italia che attappa se stessa. 
Ultimo aggiornamento: 09:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA