Siria, anche la Cina muove le navi alleanza in mare con Mosca

Venerdì 13 Aprile 2018 di Cristiana Mangani
Siria, anche la Cina muove le navi alleanza in mare con Mosca
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L’ordine è arrivato da Pechino, e non stupisce affatto: in caso di attacco, le navi cinesi presenti nel Mediterraneo dovranno appoggiare la Russia. Che la guerra scoppi o meno, quello che conta sono gli schieramenti, il deterrente più forte per allentare la tensione nelle acque antistanti la Siria. Nel risiko che si sta giocando tra super potenze, il piccolo stato mediorientale finisce accerchiato, con le navi che si stanno riposizionando. Dalla base di Tartus, roccaforte russa, hanno preso il largo le portaerei, che hanno cominciato a fare esercitazioni a fuoco in mezzo al mare. Tutte le rampe antimissile delle 4 basi aeree, compresa quella iraniana alle porte di Damasco, di Jabal Ash Sharqi, sono state armate. Mentre nel pomeriggio una lanciamissili, una fregata, due cacciatorpediniere e una nave di rifornimento cinesi si sono dirette sempre in zona Tartus, con a bordo mille marines.

LE TASK FORCE <QA0>
Oltre alla task force russa, dunque, composta da quindici navi da guerra di stazza nel Mediterraneo, tra cui due fregate, due cacciatorpedinieri lanciamissili e almeno un sottomarino classe Varshavyanka, c’è ora la 29 flotta della Marina cinese, ufficialmente in quelle acque per contrastare la pirateria. Un fatto non nuovo, visto che, proprio lo scorso anno, le due forze hanno effettuato esercitazioni congiunte nel Mar Baltico. Attualmente, comunque, l’ammiraglia russa davanti alla Siria è la fregata lanciamissili capofila della classe Admiral Grigorovich.

Nello stesso tempo, e nello stesso tratto di mare, gli americano, gli inglesi e i francesi, stanno prendendo posizione. Il Pentagono, al momento, non ha portaerei nel Mediterraneo, perché la Truman è appena salpata e non sarà in zona prima di dieci giorni. Restano le installazioni presenti attualmente in Italia, che sono - così come ricostruisce Pietro Batacchi, direttore di Rid, la Rivista italiana difesa - Camp Ederle, a Vicenza, sede della 173/a Brigata Aerotrasportata e dell’United States Army Africa (Usaraf); Aviano, dove sono di stanza caccia F-16 dell’Usaf e dove sono stoccate pure le bombe nucleari B-61 (parte del dispositivo di deterrenza della Nato), e la Naval Support acvitiy di Napoli, sede della Sesta Flotta dell’Us Navy (che al momento ha assegnato in maniera permanente una solo unità). «In un’ottica siriana - osserva ancora l’esperto - le strutture più importanti sono però la base di Camp Darby (Pisa) e la Naval air station di Sigonella. La prima è una delle principali basi logistiche delle Forze armate americane fuori dagli Usa e ospita milioni di munizioni e bombe-ordigni di vario tipo. È direttamente collegata al porto di Livorno attraverso un sistema di canali. La Nas Sigonella, invece, è il principale hub per le operazioni americane nel Mediterraneo».

LE FORZE SPECIALI <QA0>
Inoltre, nel Nord della Siria operano forze speciali inglesi e americane: una cinquantina di uomini che si trovano in quell’area per dare supporto ai curdi e alle forze ribelli che combattono Assad. Il loro ruolo potrebbe essere quello dei “segnalatori”. Anche se, il 30 marzo scorso, due di questi soldati super addestrati, John Dumbar e Mad Torrac, sono morti saltando per aria su una mina a Manbij.

Come si muoveranno, dunque, le varie forze in campo? A giudicare dagli abbracci tra delegati Usa e russi, ma anche dalla confusione dei tweet lanciati dal presidente Trump, la situazione sembra molto più sotto controllo di qualche giorno fa. I rischi di una simile guerra sono troppo elevati. Soprattutto, nel caso in cui per dare una lezione al presidente siriano, gli Usa finissero con il colpire casualmente un soldato di Putin. 

Nei giorni scorsi, poi, secondo il racconto di quattro funzionari americani alla Nbc News, alcuni droni statunitensi sono stati mandati in tilt da attacchi cyber russi mentre stavano sorvolando la Siria. “Piccoli droni”, non i grandi Reaper e Predator che hanno decimato la catena di comando del Califfato, colpiti da sabotaggi da remoto dopo che si erano sollevati in volo per aggirarsi intorno a Ghouta, alla ricerca di tracce degli attacchi chimici.
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