Sassoli: «I fondi Ue non servono per abbassare le tasse»

Mercoledì 24 Giugno 2020 di Alberto Gentili
Sassoli: «I fondi Ue non servono per abbassare le tasse»

Presidente Sassoli, qual è a suo giudizio il bilancio degli Stati generali per il rilancio celebrati a Villa Pamphili dal governo italiano?
«Un governo che ascolta è sempre positivo. Si è confrontato con le istituzioni europee, ha ricevuto da diversi attori economici e sociali indicazioni utili per mettere a fuoco un piano di ripresa nazionale. Adesso però bisogna rimboccarsi le maniche e tradurre le idee in progetti. L'Italia deve fare uno sforzo di progettazione importante. Anche in queste ore, parlando con la presidente della Commissione von der Leyen, è venuta fuori la necessità che tutti i Paesi allineino le loro agende agli obiettivi europei come il green deal, la digitalizzazione, la capacità di resilienza. Si tratta infatti di soldi utili ai singoli Stati per ricostruirsi, ma al tempo stesso servono all'Unione per rilanciarsi».

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Ritiene che la bozza di piano per il rilancio illustrata da Conte contenga proposte apprezzabili dall'Unione europea e in grado di garantire all'Italia di non essere più, sul fronte della crescita, il fanalino di coda dell'Eurozona?
«C'è fiducia e se lo augurano tutti. L'Italia è un grande Paese con straordinarie possibilità ed è parte rilevante dell'economia e della finanza europee. Tutti sono convinti che se il nostro Paese agirà con determinazione renderà l'Unione più competitiva. Tifare Italia significa tifare Europa».
 



Il nostro Paese però non è mai riuscito a spendere per intero gli aiuti europei. Questa volta crede ce la possa fare, che sia la volta buona?
«E' indispensabile. Sarebbe assurdo avere tante risorse e non essere capaci di usarle. Per questo c'è bisogno subito di progetti per non lasciare i soldi indietro, far collaborare le Regioni, indicare infrastrutture utili al paese. Dev'essere chiaro che senza una convinta svolta sul Green deal e la digitalizzazione i fondi europei potrebbero non arrivare. Servono investimenti e riforme per il lavoro e il benessere, non certo per abbassare le tasse».

A proposito di tasse, cosa ne pensa dell'idea di Conte di tagliare l'Iva per rilanciare i consumi e sostenere alcuni settori più colpiti dalla pandemia?
«Possono essere interventi temporanei anche utili. In Germania hanno tagliato l'Iva per sei mesi con un costo di 20 miliardi. L'Italia può permetterselo? Non mi focalizzerei su questo, ma sull'idea di futuro che abbiamo in mente. Nessuno si tirerà indietro, neppure al Nord, se vi saranno scelte chiare di investimenti per le future generazioni. Noi le stiamo indebitando e dobbiamo restituire loro un mondo più green, una scuola più moderna, l'accesso alla rete per tutti, una sanità a portata di mano, e più lavoro per giovani e donne. Solo così i debiti diventeranno un'opportunità e non un fardello».

Nell'ultimo Consiglio Ue sono stati fatti passi in avanti, ma il negoziato sul Recovery fund non è stato chiuso. A luglio ce la farete?
«L'ultimo Consiglio è servito a certificare che la proposta della Commissione di legare il Recovery fund al bilancio pluriennale 2021-2027 è la via giusta per affrontare le crisi. Adesso c'è un mese per entrare nei dettagli. Il Parlamento europeo vuole aumentarne le ambizioni. Il 17 e il 18 luglio ci sarà il Consiglio europeo e credo che la presidenza tedesca darà un forte impulso per chiudere in tempi brevi. Tra l'altro il 17 luglio è anche il compleanno della cancelliera Merkel...».

Lei chiede più ambizione, invece tra le ipotesi di mediazione c'è una sforbiciata ai 750 miliardi proposti dalla Commissione.
«Questa ipotesi non ha futuro. La von der Leyen ha confermato oggi in Parlamento che l'ammontare sarà di 750 miliardi: 500 in sovvenzioni e 250 in prestiti. Del resto anche in Consiglio non è stato messo in discussione l'ammontare del fondo. Ciò che alcuni Paesi vorrebbero capire meglio è la destinazione delle risorse e quali condizionalità introdurre per garantirne un uso conforme alle priorità europee. Per il Parlamento e la Commissione, bilancio pluriennale e Recovery fund sono un unico pacchetto. È per questo che serve controllo democratico e trasparenza sull'assegnazione e l'utilizzo dei fondi». 

Conte ha fatto balenare la possibilità che l'Italia ponga il veto sul nuovo bilancio europeo se la posizione italiana fosse penalizzata...
«Ogni Paese deve fare la propria valutazione. Del resto anche il Parlamento Ue ha detto che non voterà il bilancio pluriennale se non ci sarà chiarezza sull'introduzione di nuove risorse proprie. Si tratta di forme di prelievo che vanno direttamente all'Unione per finanziare le sue politiche senza aumentare i trasferimenti dai bilanci nazionali. Vogliamo aumentare la capacità di auto-finanziamento dell'Europa con misure, ad esempio, che colpiscano chi inquina di più e chi trae profitti dal web senza pagare le tasse. I giganti della rete in questo periodo si sono arricchiti molto anche in Europa».

Uno dei fattori decisivi in questa fase è il tempo. I soldi rischiano di arrivare tardi, nel 2021. Conte ha chiesto «decisioni ed erogazioni rapide». Pensa sia possibile?
«Sì, a settembre potranno essere messe a disposizione ulteriori risorse, per 11,5 miliardi. Gli Stati comunque non sono a mani nude: hanno già strumenti a disposizione pari a 540 miliardi, fra Sure, interventi della Bei, linea sanitaria del Fondo Salva Stati (Mes). Adesso l'Italia deve saper spendere dopo aver accuratamente pianificato. In passato non abbiamo brillato nella programmazione restituendo fondi inutilizzati. Questo sarebbe imperdonabile. Dobbiamo mettere a fuoco quello che vogliamo diventare. Però mi rimane ancora una preoccupazione...».

Quale?
«La riapertura delle scuole, la fine dalla cassa integrazione saranno momenti difficili. Dobbiamo avere paura della crisi. Non dobbiamo allentare la tensione perché ne va della vita dei nostri cittadini. Serve un forte intervento pubblico perché la questione sociale non è una invenzione».

Ha parlato del Mes, in Italia continua a essere un dossier che divide. Per una parte dei 5Stelle continua a essere il demonio.
«Non ci sono più condizionalità e chi lo sostiene sbaglia. Sono soldi utili per rinnovare la sanità, per aggiustare un sistema nazionale diviso per Regioni che la crisi del Covid ha dimostrato non sempre all'altezza. Ma anche qui ci deve essere un idea chiara: non basta dire, prendo i soldi. Occorre specificare per quali progetti: per costruire ospedali, ambulatori, attrezzature. Serve un buon grado di pragmatismo, concretezza e visione che a volte in passato l'Italia ha fatto fatica ad avere. Ora bisogna cambiare. L'Europa chiede all'Italia di costruire per sé e per l'Unione un Paese più moderno, più equo e competitivo».
 

Ultimo aggiornamento: 16:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA