Caso Palamara, David Ermini: «Toghe, credibilità a picco, c’è una questione morale»

Domenica 21 Giugno 2020 di Alberto Gentili
Caso Palamara, David Ermini: «Toghe, credibilità a picco, c è una questione morale»
Presidente David Ermini, è oltre un anno che è esploso lo scandalo Palamara e il fango che ha investito la magistratura è ancora lì, intatto. Perché?

«Precisiamo subito una cosa - risponde il vicepresidente del Csm - ciò che è emerso in queste ultime settimane attraverso chat e intercettazioni pubblicate dai quotidiani fotografa una situazione risalente nel tempo, non una situazione attuale. Parliamo di messaggi e conversazioni alcuni dei quali addirittura di tre anni fa. In ogni caso la stragrande maggioranza dei magistrati è del tutto estranea alle pratiche spartitorie disvelate dalle intercettazioni. Aggiungo che, nel frattempo, il Csm si è rinnovato sostituendo con nuovi consiglieri i cinque togati dimissionari e nominando il nuovo procuratore generale della Cassazione. Ciò non vuol dire che lo “scandalo” non abbia inferto un durissimo colpo alla credibilità e autorevolezza dell’ordine giudiziario portando alla luce comportamenti esecrabili e gravissimi, legati a una degenerazione correntizia che va assolutamente contrastata. E’ tutt’altro che una spiacevole parentesi da archiviare in fretta».

Palamara espulso dall'Anm: «Gravi e reiterate violazioni del codice etico»

Anche con l’espulsione di Palamara da parte dell’Anm? Cosa pensa di questa decisione?
«Le questioni disciplinari dell’Anm sono questioni interne all’Anm. A me interessano i segnali di cambiamento che devono essere decisi e netti».

Mattarella è stato durissimo con le correnti, ha denunciato gravi e vaste distorsioni e prassi inaccettabili e ha detto che la riforma del Csm deve rescindere ogni legame aggregativo. Come?
«Fin dal primo giorno, dal giorno del mio insediamento alla vicepresidenza, ho sempre sostenuto che chi siede al Csm, che sia un togato o un laico, ha l’obbligo costituzionale di abbandonare ogni logica di appartenenza. Chi è al Csm non deve avere casacche, non esistono rapporti fiduciari. Una volta eletti, si risponde solo alla legge, alla Costituzione e al presidente della Repubblica. Come azzerare il peso delle correnti all’interno del Csm è però decisione che spetta al governo e al Parlamento».

La politica balbetta, la maggioranza rossogialla non trova da mesi una strada da intraprendere. Giudica colpevole questo ritardo?
«Penso che una riforma, una riforma energica e incisiva, sia assolutamente necessaria. Ma penso anche che una riforma che voglia davvero risolvere una volta per tutte degenerazioni e distorsioni correntizie vada studiata e ponderata con i giusti tempi. In queste materie fatico a ragionare con il cronometro in mano: una riforma va fatta, ma importante è che sia fatta bene. Non è un problema se serve un giorno in più, il problema si porrebbe se dopo l’annuncio non si facesse più nulla».

Viste le “gravi distorsioni” nel mondo giudiziario è dovuto intervenire Mattarella, pensa che l’appello a superare gli scandali e a recuperare credibilità questa volta verrà ascoltato?
«Ne sono convinto, perché il presidente Mattarella ha chiesto alla magistratura un segnale molto forte. Rendiamoci conto che si è toccato il fondo e dal fondo non si può che risalire. Bisogna che l’associazionismo giudiziario prosegua nell’azione di rinnovamento, un rinnovamento etico e valoriale, e per quello che riguarda il Csm bisogna che i consiglieri proseguano nel dare sempre più credibilità e trasparenza a tutte le decisioni consiliari, si tratti di nomine o valutazioni di professionalità, si tratti di trasferimenti o provvedimenti disciplinari. Le posso assicurare che l’impegno dei consiglieri in questo senso non manca. Quando l’anno scorso sono uscite le prime intercettazioni abbiamo vissuto momenti anche drammatici in Csm, ma abbiamo dimostrato di saper reagire, abbiamo dimostrato che il Consiglio, questo Consiglio, è in grado di funzionare e di funzionare nel solco tracciato dalla Costituzione».

Il quadro fatto dal Presidente è però sconfortante, ha detto che le inchieste della Procura di Perugia hanno trasmesso l’immagine di una magistratura china su sé stessa, preoccupata di costruire consensi a uso interno, finalizzati all’attribuzione di incarichi...
«Certo, la percezione è quella. Ma il Presidente ha anche detto che la stragrande maggioranza dei magistrati è estranea a logiche di questa natura. Ed è questa realtà che mi fa ben sperare, il fatto cioè che la maggioranza assoluta dei magistrati non solo non ha nulla a che fare con i traffici correntizi, ma è giustamente indignata. Ha ben chiaro che ora da parte dell’intero corpo della magistratura è necessaria una presa di posizione forte e netta».

Concorda con il capo dello Stato sulla modestia etica di alcuni magistrati?
«Come non concordare? Basta leggere alcune chat sui giornali di questi giorni... In questo senso è giusto che tutti noi, non solo i magistrati, ci si ponga il tema della “questione morale” perché non è accettabile alcuno scadimento etico in chi è chiamato ad amministrare la giustizia e tutelare la legalità».

Crede anche lei che questa caduta verticale di credibilità metta a rischio l’autonomia e l’indipendenza della magistratura?
«Ne sono profondamente convinto, ed è proprio il rischio che va evitato. Il presidente Mattarella, e gliene sono grato, ha molto insistito su questo punto ribadendo, anche in vista della riforma del Csm, che autonomia e indipendenza dell’ordine giudiziario sono principi irrinunciabili. L’autonomia e l’indipendenza della magistratura non è un privilegio di casta, ma è il baluardo a tutela della giurisdizione. E la giurisdizione è un architrave della democrazia».

Il Quirinale chiede di rimuovere «prassi inaccettabili, frutto di una trama di schieramenti cementati dal desiderio di occupare» posti di rilievo. Come è possibile ottenere questo sussulto da una categoria che appare refrattaria a superare le logiche della spartizione correntizia?
«Se dovessi giudicare dai commenti di tanti magistrati, non parlerei proprio di categoria refrattaria a superare certe logiche. I magistrati, in realtà, chiedono e si aspettano uno scatto di orgoglio, bisogna che qualcuno prenda l’iniziativa per dare un concreto segnale di rinnovamento».

Come restituire la fiducia ai cittadini verso la magistratura?
«Esercitando, con competenza, equilibrio, autorevolezza, imparzialità e indipendenza, il proprio lavoro. Lo fa già – lo ripeto – la gran parte dei magistrati italiani. Ma aggiungo, facendo mie le parole di Rosario Livatino, che abbiamo commemorato al Quirinale insieme ad altri magistrati uccisi dal terrorismo e dalla mafia, che si deve anche dimostrare moralità, trasparenza di condotta al di fuori dell’ufficio, indisponibilità ai compromessi e spirito di sacrificio. La fiducia dei cittadini è l’unica fonte di legittimazione dell’agire del magistrato e va guadagnata sul campo, giorno per giorno. Il giudice non deve cercare il consenso, ma la fiducia. Ottenere il consenso può anche essere facile, 
Ultimo aggiornamento: 18:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA