Coronavirus, viaggi necessari? Fioccano le scuse. Così si superano i posti di blocco

Martedì 10 Marzo 2020 di Lorenzo De Cicco
Viaggi necessari? Fioccano le scuse. Così si superano i posti di blocco

«Devo assistere la nonna». E via, si passa oltre. Verso Roma o verso il Sud. Basta avere in tasca l’autocertificazione scaricabile sul web e si passano i controlli dalle aree più a rischio, come la Lombardia e le altre 14 province del Nord dichiarate inizialmente “zone arancioni”. Anzi, non serve nemmeno stampare il modulo del Ministero dell’Interno e portarselo dietro, dopo averlo compilato a penna. Possono essere gli uomini delle forze dell’ordine - così ha disposto il Viminale - a fornire l’attestato, da far redigere sul momento a chi è stato fermato in auto o è sceso dal treno. I controlli su chi ha mentito, in ogni caso, partiranno solo in una seconda fase. Quando chi si è messo in viaggio è già arrivato a destinazione da un pezzo. Col rischio di avere trasportato il virus nel posto del (momentaneo) trasloco.

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MOTIVI GENERICI
La “fuga” dalle zone dove l’epidemia è più diffusa, non pare ostacolata più di tanto, le maglie sembrano larghe. Non solo per i pendolari che si devono obbligatoriamente spostare nel raggio di qualche chilometro, per motivi di lavoro o di salute. Il modulo di «autodichiarazione» fornito dal Dipartimento della Pubblica sicurezza si mantiene vago. Tocca solo certificare che «il viaggio è determinato» da uno di questi 4 fattori: «Comprovate esigenze lavorative», «situazioni di necessità» non meglio specificate, «motivi di salute» o ancora il «rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza». Così si legge nel documento a portata di download, dopo la circolare interpretativa sfornata dalla Protezione civile. Anche l’obbligo di restare in isolamento per chi arriva dal Nord - misura prevista da alcune ordinanze regionali, come quella del Lazio - ieri è stato ulteriormente allentato. Vale, ma non per tutti. Basta dichiarare che il viaggio è per motivi di lavoro e niente “auto-quarantena”, se non si hanno sintomi. Peraltro, anche quando qualcuno riferisce della trasferta, rischia di trovare il centralino intasato (è successo ieri) oppure nessuno controlla il rispetto delle precauzioni.
 



GLI AGENTI
«Le autocertificazioni? Nel momento del controllo possiamo intervenire solo se si ravvisano palesi incongruenze, altrimenti è tutto demandato a verifiche successive», spiega Stefano Paoloni, segretario generale del Sap, il sindacato autonomo di polizia. «Se uno nel foglio scrive “devo assistere mia madre”, o “mia nonna”, passa avanti. Ovviamente non è che si può controllare sul momento se è vero o no. Quello, in caso, avviene dopo». Non è certo responsabilità degli uomini delle forze dell’ordine, operativi giorno e notte lungo lo Stivale. La falla semmai sembra risiedere nelle direttive troppo blande. Giustificativi compilati sulla base di ragioni spesso difficilmente verificabili. Salvo appunto incoerenze conclamate. Per dire, a Bologna i carabinieri hanno fermato a un posto di blocco due studenti di Parma (tra le cinque province dell’Emilia-Romagna diventate “zone arancioni”), che andavano all’aeroporto col biglietto per Madrid, in vacanza. Tutti e due denunciati. A Genova invece la polizia di frontiera ha respinto un gruppo di persone che voleva imbarcarsi su un traghetto diretto in Sardegna. Ma a parte questi casi, chiunque abbia una giustificazione più o meno verosimile, per quanto generica, può superare i posti di blocco. A poco rischiano di servire, allora, le sanzioni previste: da una multa di 206 euro fino a tre mesi di carcere. Oltre al reato di mentire al pubblico ufficiale (da 1 a 5 anni). «Se qualcuno dice una fesseria e non si può dimostrare, cosa si potrebbe fare? - si chiede Cesario Bortone, segretario della Consap (Confederazione sindacale autonoma di Polizia) - Ci si basa sulla parola e sul buon senso dei cittadini. Poi ovviamente se qualcuno dice il falso, ci saranno provvedimenti. Ma i controlli non si possono fare sul momento». 

LINEE INTASATE
Le falle nel sistema di contenimento rischiano di avere inficiato anche le ordinanze regionali, come quella sfornata dal Lazio, che a prima vista sembrava molto severa. Roma non è un focolaio, ma potrebbe registrare - dicono gli esperti della sanità - migliaia di casi. La Pisana, domenica, aveva previsto l’isolamento per chiunque arrivasse dal Nord. Ieri le misure sono state allentate, esentando chiunque abbia viaggiato per «comprovate esigenze lavorative», private o pubbliche. I centralini per avvisare dell’approdo a Roma, peraltro, sono andati in tilt. Tanto che la Regione ha dovuto allestire una pagina web (regione.lazio.it/sononellazio, online da ieri sera) per evitare di intasare le linee telefoniche. «Purtroppo l’autocertificazione è relativa e i centralini con poche persone e tantissime chiamate rischiano di non rispondere a tutti», racconta Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici della Capitale. Chi controlla poi sulle persone in isolamento (magari a casa di amici disposti a ospitare)? Se non si hanno sintomi, nessuno. Anche qui, ci si affida al senso civico. Che non sempre, purtroppo, c’è.
 

Ultimo aggiornamento: 11:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA