Coronavirus, bonus affitti viene esteso: entrano anche teatri e palestre

Mercoledì 29 Aprile 2020 di Luca Cifoni
Coronavirus, bonus affitti viene esteso: entrano anche teatri e palestre

Confermare, rendendoli semmai più efficienti e mirati, gli interventi già avviati. Ma anche raggiungere settori e fasce di popolazione che finora non hanno potuto beneficiare del sostegno dello Stato. Questa è la logica in cui prova a muoversi il governo con il decreto legge atteso per domani o al massimo per i primi giorni di maggio. Nella speranza che quello in arrivo sia l’ultimo provvedimento di emergenza, mentre le misure successive dovrebbero essere finalizzate a risolvere i problemi di fondo dell’economia italiana, gli stessi che negli ultimi anni (sia di crescita che di recessione) hanno fatto finire il nostro Paese in coda alle graduatorie di incremento del Pil.

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LA CONDIZIONE
Tra le misure già in vigore la cui portata dovrebbe essere allargata c’è il cosiddetto bonus affitti, un credito d’imposta pari al 60 per cento dei canoni di locazione che i titolari di molte attività dovrebbero pagare pur avendo gli incassi azzerati dall’obbligo di chiusura. Questo beneficio è condizionato all’effettivo versamento della somma dovuta e riguarda coloro che svolgono attività d’impresa, per immobili appartenenti alla categoria catastale C1, quella relativa a botteghe e negozi. Finora il sostegno ha raggiunto solo una parte dei soggetti potenzialmente interessati. Si lavora quindi per estenderlo pienamente a bar, ristoranti ma anche ad attività di altro tipo, come palestre e teatri, nel caso appunto i cui operino in locali presi in affitto. Non tutti i dettagli sono definiti. Un tema aperto è quello che riguarda gli esercizi che non hanno un carattere strettamente commerciale come ad esempio le librerie o altre attività gestite da associazioni culturali. Non è ancora poi del tutto esclusa l’ipotesi di spostare il beneficio direttamente in capo ai proprietari, a rimborso del canone non percepito, ma questa scelta richiederebbe di ripensare il meccanismo rispetto a come era già stato definito.

Un altro nodo da sciogliere, che è politico oltre che tecnico, riguarda il cosiddetto reddito di emergenza. Anche questa provvisoria definizione indica che l’obiettivo è sostenere coloro che non sono stati toccati finora da altre misure del governo. Dunque non hanno avuto il bonus riservato ai titolari di partita Iva o ad altre limitate categorie come quella dei lavoratori stagionali e - non essendo lavoratori dipendenti (almeno non regolari) - non hanno nemmeno potuto sfruttare la cassa integrazione accordata per le aziende in difficoltà. Per un “paracadute” di questo tipo spingono in particolare - all’interno della maggioranza - il Movimento Cinque Stelle e Leu. Ma c’è naturalmente un problema di risorse economiche, pur all’interno dei 55 miliardi disponibili, ed anche l’esigenza di non sovrapporre questo strumento appunto d’emergenza ad altri come il reddito di cittadinanza. La soluzione indicata ieri dal ministro dell’Economia Gualtieri prevede l’erogazione ai nuclei familiari che non dispongano di reddito, di pensioni o di altri sussidi. L’importo si dovrebbe aggirare sui 500 euro per ciascuno dei due mesi di erogazione. All’infuori di questo intervento dedicato esplicitamente ai nuclei bisognosi non ci sarebbe un assegno generalizzato per le famiglie con figli, come richiesto invece all’interno della maggioranza da Italia Viva: nelle intenzioni si doveva trattare di una forma di anticipazione dell’assegno unico, progetto all’attenzione del Parlamento e del governo prima dell’esplosione dell’emergenza sanitaria.

I RISCHI
Sicura l’inclusione nel decreto dell’indennizzo per i lavoratori domestici, colf e badanti che sono stati costretti a diradare o sospendere il proprio lavoro presso le famiglie a causa del virus e in particolare dei rischi connessi agli spostamenti. Per fruirne occorrerà appunto che ci sia stata una sospensione dell’attività lavorativa, con la forma del permesso non retribuito, mentre in caso di effettiva interruzione del rapporto di lavoro (ad esempio per licenziamento) queste persone avrebbero comunque diritto alla Naspi. Nella stessa logica, il beneficio non riguarderà in linea di massima colf e badanti conviventi, che hanno potuto continuare a fornire la prestazione lavorativa.

 
 
 

 
 
 

Ultimo aggiornamento: 13:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA