Boccia: «Con i fondi del Recovery colmiamo il gap del Mezzogiorno»

Venerdì 24 Luglio 2020 di Nando Santonastaso
Boccia: «Con i fondi del Recovery colmiamo il gap del Mezzogiorno»

Ministro Francesco Boccia, perché il Recovery Fund può aiutare molto a definire un accordo anche sulla riforma dell’autonomia differenziata, come lei stesso ha detto all’indomani dell’accordo di Bruxelles?
«Il Recovery Fund è un’occasione straordinaria per separare il passato dal futuro. E mi spiego. L’Europa ci dà i soldi e tocca a noi puntare su progetti strategici che cambino la storia d’Italia. Non è enfasi, è ragionare su alcuni dati certi. La pandemia ha cambiato il mondo e noi abbiamo l’impegno di cambiare noi stessi. A cominciare dal rapporto tra Stato e Regioni: l’emergenza ha insegnato che si esce dal tunnel solo tenendosi per mano, con leale collaborazione. È ciò che ha fatto il governo con le Regioni. Il Recovery Fund è il nostro esame per ridurre le diseguaglianze».

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I diritti universali prima dei vincoli di bilancio, ha detto: cosa significa esattamente?
«I diritti universali sono quelli alla vita, alla salute, al lavoro, alla libertà declinata in tutte le sue forme. Nessun vincolo di bilancio potrà mai impedire a un cittadino di curarsi adeguatamente o di avere un lavoro. Qualcuno pensa che lo scostamento di bilancio approvato dal governo sia un esercizio contabile. No, è il riconoscimento chiaro che lo Stato, cioè l’Italia intera, non lascia e non lascerà indietro nessuno. A costo di produrre sforzi straordinari per rientrare dal deficit in più. Solo alcune forze politiche non lo capiscono e soffiano sul fuoco della rabbia».

Ma si riparte da dove per riprendere il confronto in Parlamento sulla riforma?
«Per quanto riguarda la riforma si riparte da un testo ampiamente condiviso all’esame del Parlamento. L’esperienza del Covid ha dimostrato l’importanza di garantire i Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni. A settembre trasmetteremo gli atti al Parlamento, che avrà l’ultima parola, e con le risorse del Recovery Fund proporremo di separare le materie Lep (sanità, organizzazione della scuola, trasporto pubblico locale e assistenza) dalle altre materie che vanno decentrate presto e il più possibile. Sindaci e presidenti di Regione rappresentano lo Stato; io mi fido di loro. Un sindaco e un presente di Regione non possono fare la spola da Napoli a Roma per il dragaggio del porto di Napoli, devono decidere loro. Dopo quasi 20 anni è dovere della classe politica definire i Lep e finanziarli integralmente. Oggi non ci sono più alibi e non si deve più perdere tempo».

In concreto cosa cambierà?
«In rapida sintesi, l’architrave della riforma sull’autonomia differenziata, intesa come attuazione del principio di sussidiarietà che rafforza l’unità nazionale, è: maggiore autonomia decisionale alle Regioni, ma progressiva solidarietà tra i territori e garanzia dell’unità nazionale. Non è un “liberi tutti”. E chi sostiene che il Sud deve temere vuol dire che non ha letto il testo ma solo sintesi raffazzonate. Le aree interne e le aree di montagna avranno la stessa dignità delle aree più sviluppate; il Sud avrà la stessa dignità del Nord perché l’Italia delle Regioni sarà forte nella misura in cui sarà unita. Usciamo dalla logica dell’emergenza che a mio avviso è stata una delle zavorre più pesanti del Sud. Parliamo invece di un’amministrazione decentrata moderna, efficiente e giusta».

Il fattore tempo avrà un ruolo fondamentale nel formulare le proposte italiane da sottoporre a Bruxelles per utilizzare il Recovery Fund: non sono pochi due mesi per mettere d’accordo tutte le componenti della maggioranza?
«Due mesi possono essere pochi eppure anche tanti. Mi spiego. Non dobbiamo fare la corsa a compilare l’elenco della spesa. Dobbiamo prima studiare su quali settori strategici dobbiamo puntare e poi incarnare il progetto in idee esecutive. Credo che le forze di maggioranza e soprattutto il presidente Conte abbiamo già espresso con chiarezza le linee direttrici: digitale, ambiente, ricerca, efficienza della pubblica amministrazione. Su questi quattro pilastri costruiamo la cattedrale. No, non credo che due mesi siano pochi. Anzi, dobbiamo accelerare».

L’Italia delle disuguaglianze accresce il divario, tutti gli indicatori annunciano scenari difficili per il Sud, basteranno le misure annunciate dal ministro Provenzano, dalla fiscalità di vantaggio agli incentivi per il lavoro alle donne?
«Sono misure importanti; e zero oneri contributivi sulle donne è una risposta efficace a una piaga intollerabile, come la disoccupazione femminile al sud. Il Mezzogiorno è in cima all’agenda del governo. L’azione di governo è orientata a uno sforzo globale per il riallineamento del Mezzogiorno all’asse del Paese e soprattutto alla lotta alle disuguaglianze sociali che saranno a mio avviso il vero banco di prova dell’inverno. Noi ci siamo e vogliamo esserci con un’azione costante ma soprattutto pragmatica: la storia di questi mesi ci insegna che anche un giorno in più diventa un’eternità».

Siete stati etichettati come il governo dei meridionali, vi pesa?
«Con orgoglio rivendichiamo i nostri luoghi di nascita e a maggior ragione abbiamo una responsabilità storica in più. Ma come ha dimostrato l’emergenza, quando il Sud funziona non solo tutto il Paese ne beneficia ma addirittura aiuta il Nord come nel caso dello straordinario aiuto dei medici e infermieri volontari che dal Mezzogiorno son andati senza farselo chiedere una volta di più negli ospedali in cui si moriva ogni giorno».
 

Ultimo aggiornamento: 12:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA