Attrici in rivolta: «Pagateci come gli uomini»

Mercoledì 31 Maggio 2017 di Gloria Satta
Attrici in rivolta: «Pagateci come gli uomini»
Premiata per la migliore interpretazione femminile al Festival di Cannes, Diane Kruger assapora un’ulteriore soddisfazione: il suo cachet di attrice schizzerà ora in alto, molto più in alto, fino a superare quello dell’eventuale collega maschio che la affiancherà sul set. «E pensare che tante volte sono stata pagata meno dei miei partner», sospira la bionda protagonista di In the Fade. «Dobbiamo lottare perché l’eguaglianza di genere non rimanga un’utopia. Anche in materia di compensi».

La battaglia contro il “pay gap”, il dislivello di trattamento economico, è il collante che unisce oggi le attrici americane. Iniziata nel 2014 quando le mail “hackerate” della Sony resero nota al mondo l’ingiustizia, e corroborata dal vibrante appello lanciato da Patricia Arquette all’Oscar, la mobilitazione per l’eguaglianza salariale alimenta il nuovo femminismo di Hollywood che può contare su suffraggette dai nomi leggendari: Meryl Streep, Susan Sarandon, Geena Davis, Scarlett Johannson, Cameron Diaz, Salma Hayek, Maggie Gyllenhaal, Charlize Theron, Natalie Portman. E Robin Wright, la strepitosa, spietata Claire della serie House of Cards che ha scoperto con disappunto di essere pagata meno di Kevin Spacey.

ANTICO PREGIUDIZIO
L’ultima classifica sui paperoni del cinema pubblicata dalla rivista Forbes non lascia dubbi: a parità di talento, notorietà e impegno, le attrici continuano a guadagnare meno degli attori. Forse in virtù dell’antico pregiudizio secondo il quale sarebbero i maschi a trascinare il pubblico nelle sale. Niente di più infondato: la saga di Hunger Games non avrebbe incassato le stesse cifre stellari senza Jennifer Lawrence (non a caso in testa alla top ten delle signore del cinema meglio pagate) mentre sono sempre più numerosi i film che hanno protagoniste femminili anche in ruoli d’azione, come Emily Blunt nel travolgente Sicario. «E sarebbe un errore pensare che questi film siano destinati a un pubblico di nicchia: al cinema vanno soprattutto le donne che vogliono vedersi rappresentate», dice Cate Blanchett, un’altra superstar che ha imbracciato la doppietta contro il “pay gap”.

In Italia le cose non vanno diversamente. «In passato sono stata pagata meno dei miei partner», rivela Margherita Buy, una delle nostre attrici più amate e richieste, un nome capace da solo di richiamare gli spettatori. «Ma ora ci sto più attenta: tutti i protagonisti di un film devono ricevere lo stesso compenso». La disparità salariale è radicata nella storia del cinema italiano. «Perché ha costruito il suo potere commerciale sulla commedia declinata al maschile», osserva la produttrice Francesca Cima, Oscar per La grande bellezza e all’attivo diversi film “al femminile” come Io e lei (buon successo al box office) e Fortunata con Jasmine Trinca, premiata al Certain Regard di Cannes. «Noi cerchiamo di dare sempre più spazio alle registe, alle sceneggiatrici, alle attrici».

LEGGE DEL MERCATO
Un’altra produttrice di successi, Federica Lucisano, dice che «è il mercato a determinare i compensi: ad essere pagati di più sono quei nomi che ci permettono di avere finanziamenti dalle tv e dalle distribuzioni». Tra questi, si segnala la bravissima Paola Cortellesi, che proprio per questo ha visto ultimamente salire il proprio cachet. Ma oggi hanno peso nella costruzione di un progetto anche nomi come Micaela Ramazzotti o Anna Foglietta.

«Che le attrici siano pagate meno degli attori è innegabile», conclude l’agente Moira Mazzantini, «ma il problema è molto più ampio. È la crisi che flagella il cinema italiano, è il calo degli incassi che determina l’abbassamento di tutti i compensi. Altro che femmine contro maschi. Il “gap salariale” riguarda tutti, indistintamente».

 
Ultimo aggiornamento: 1 Giugno, 16:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA