Quando la terza età scopre i quattro zampe

Sabato 22 Dicembre 2018 di Andrea velardi
Quando la terza età scopre i quattro zampe
Diciamo la verità il campo della relazione tra animale e essere umano è spesso avvolta da una certa fumosità e genericità. Tutto sembra dominato dall’idea che la presenza di altre specie faccia comunque bene, ispirato dalla pedagogia dei buoni sentimenti e dall’ideale facile esprimibile dallo slogan: dimmi tre parole animale amore cuore. Una vaghezza che riguarda anche il ruolo degli animali nell’alleviare i due grandi disagi principali della vita senile: la solitudine e la depressione.

LA SICUREZZA
Eppure oggi gli studi scientifici sono in aumento, anche nel campo della geriatria e della psicologia, delineando con sempre più chiarezza i margini e i vantaggi della Pet therapy. Molte case di riposo introducono animali e un recente studio dell’Università di Parma mostra come in questi contesti diminuiscano le scale di ansia, depressione, apatia, solitudine. Il Journal of Gerontological Nursing mostra come in Ohio le case di riposo consentano la presenza di pony, criceti e perfino di animali da fattoria come capre e maiali con cui praticano programmi di riabilitazione fisica, ma lancia un’allerta sulla mancanza di una policy di salute e sicurezza sulle malattie trasmissibili all’anziano, segnalando uno degli svantaggi della relazione animale-anziano messi in luce in un’importante rassegna di Frontiers of Psychology di Gee, Mueller e Curl che ricorda come cani e gatti aumentino il rischio di cadute negli over 75 che sono vulnerabili rispetto alla caratterialità imprevedibile di troppo vivaci quattro zampe.

Le variabili per contribuire al benessere dell’anziano sono dunque molte. L’animale va scelto a seconda dei disagi peculiari di cui soffre l’anziano, del suo stato di autonomia fisica e mobilità, della sua biografia e situazione economica, della rete parentale e sociale che ha a disposizione. Occorre un animale dinamico e socievole in grado di dare le dovute sollecitazioni psicologiche e fisiche e che però richieda al contempo risposte comportamentali accessibili all’energia dell’anziano. In sintesi non c’è un animale perfetto in assoluto . Certamente per la scelta del cane ha un’importanza cruciale stabilire la sottospecie e la taglia più gestibile dal proprietario.

In generale negli anziani il sonno complessivo si riduce intorno alle 5 ore e si attua il passaggio dal sonno monofasico, caratterizzato dalla stabilità del ciclo sonno-veglia, al cosiddetto sonno polifasico in cui si frammenta il riposo in più intervalli durante le 24 ore. In questo caso si può capire come i gatti possano essere molto utili perché assomigliano agli anziani praticando un sonno polifasico molto tenace che ha una sua interruzione nella fase notturna dove però la loro vitalità può essere percepita come una presenza gradita. La depressione può intaccare il bioritmo generando apatia, inappetenza e mancanza di voglia di alzarsi dal letto, che possono essere riattivate però dalle necessità dell’accudimento.

COMPENSAZIONI
Inoltre non bisogna restringere il campo solo ai quattro zampe. Oltre ai cinguettii rallegranti di canarini, cardellini, diamantini si devono ricordare pure i silenziosissimi pesci dal momento che uno studio del 2016 delle università di Plymouth ed Exeter mostra come la contemplazione di grandi acquari pubblici abbia effetti antistressanti con benefici su battito cardiaco e pressione sanguigna e già nel 2013 Edwards e Beck avevano notato la riattivazione dell’interesse per un’alimentazione autonoma in soggetti affetti da demenza o Alzheimer. Nulla impedisce dunque che diverse specie animali possano convivere nella stessa casa di un anziano contribuendo al benessere di una fase difficile della vita in cui però è possibile ricreare un’allegra e compensativa fattoria degli animali della longevità.
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