Veneto quasi fermo ma i conti tornano

Mercoledì 20 Novembre 2019
LA RICERCA
VENEZIA Il Veneto rallenta ma, per ora, non si ferma. Grazie alla ripresina delle costruzioni, al turismo, ai servizi e all'aumento dell'occupazione. Il clima di incertezza consiglia prudenza e i depositi in banca continuano ad aumentare: + 6,5% ad agosto per arrivare a superare i 130 miliardi, 100 miliardi in conto corrente. E per il 2020 la Banca d'Italia non si sbilancia: regna l'incertezza.
«L'indice Venice che abbiamo elaborato per monitorare l'andamento dell'economia del Veneto è sui valori minimi degli ultimi 4 anni - spiega Emanuele Alagna, da fine settembre nuovo direttore della Banca d'Italia di Venezia che la regione la conosce bene per essere stato capo vigilanza nella sede di Vicenza dal 1994 al 1997 («Arrivai prima del cambio alla presidenza di Popolare Vicenza da Nardini a Zonin») - la produzione industriale delle imprese regionali rallenta sostanzialmente a causa del calo della domanda mondiale. Il settore delle costruzioni consolida invece la sua ripresa grazie al settore residenziale e alle opere pubbliche locali, un turismo che continua a crescere soprattutto nelle città d'arte e una disoccupazione scesa dal 6,4 al 5,9% con sempre più contratti a tempo indeterminato. La crescita potrebbe rimanere sopra la media nazionale, non siamo ancora alla stagnazione». C'è da preoccuparsi? «Le imprese hanno una struttura finanziaria molto più equilibrata del 2008 e dispongono di una grande liquidità (lo dimostra anche il calo dei prestiti a settembre, - 1,4%), il 68% dichiara che chiuderà l'anno in utile contro poco più del 70% dell'anno scorso - spiega Massimo Gallo, economista della sede veneziana - dopo cinque anni di crescita siamo arrivati forse alla fine di questo ciclo positivo e abbiamo di fronte cambiamenti a livello globale come quello dell'auto elettrica che influenzeranno pesantemente un settore importante in regione come l'automotive. Rimangono poi problemi strutturali come la mancanza di capitale umano adeguato: i livelli di istruzione del Veneto sono più bassi rispetto al resto dell'Europa avanzata. E dobbiamo imparare a valorizzare i nostri giovani anche con stipendi adeguati. Però ci sono tutte le condizioni per superare questa fase, il Veneto ha un vantaggio rispetto a molte altre aree: è forte in diversi comparti».
FASE FINITA
«Il Pil veneto è salito dello 0,1% nel secondo trimestre dopo il + 0,4% del primo, a fine anno crescerà dello 0 virgola, poco di più dell'Italia - prevede Paolo Chiades, coordinatore della ricerca - la crescita degli investimenti industriali si è dimezzata rispetto al 2018 e i profitti si sono indeboliti. Un rallentamento ci può stare e il nostro export continua a crescere (+ 1,1% ma nel 2018 era a + 3,3%) malgrado i problemi della domanda mondiale. Il 2020 potrebbe vedere una stabilizzazione, quello che preoccupa sono i prossimi mesi: gli ordini sono infatti in calo». Il Giappone aiuta ancora il made in Veneto e anche la Gran Bretagna continua a comprare per fare scorte, ma il resto dell'Asia come la Cina e il Sud America hanno rallentato decisamente.
Una spinta al Veneto è arrivata dal settore delle costruzioni. «I Comuni regionali hanno fatto investimenti per 520 milioni nel 2019 (+ 23%), il complesso degli enti territoriali per 764 milioni (+ 16%) - dice Chiades - lo sblocco del patto di stabilità è servito in un momento di rallentamento dei mutui residenziali. Bene anche i trasporti, con l'unico dato negativo per il porto di Venezia, e il turismo: la spesa degli stranieri in Veneto è salita del 4%». Prestiti deteriorati in continuo calo, aumenta decisamente il credito al consumo (+ 9,4%). «Con la crescita del 6,5% ad agosto ormai siamo vicini ai 100 miliardi in conto corrente - sottolinea Vanni Mengotto, capo della ricerca economica della Banca d'Italia di Venezia -. La manifattura vale ancora più di un quarto del nostro Pil, le costruzioni poco meno del 5%. Difficile quindi pensare che queste ultime possano coprire un calo deciso dell'industria anche se gli investimenti pubblici aumenteranno nel 2020». Rimane da sperare che la Germania torni a tirare e il mondo a comprare.
Maurizio Crema
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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