«Una fusione per contare di più in Italia»

Mercoledì 24 Febbraio 2021
«Una fusione per contare di più in Italia»
L'INTERVISTA
VENEZIA «Vogliamo rappresentare l'economia di un'area metropolitana che vale oltre la metà del Pil veneto, una ricchezza di 90-100 miliardi prodotta da tantissime piccole, medie e grandi imprese, che vuole crescere e diventare un punto di riferimento per tutta l'Italia. Sarà un processo lungo, ma spero di arrivare alla fusione con Assindustria Venetocentro entro un paio di anni».
Il cantiere per arrivare a costruire una nuova Confindustria in Veneto, la seconda in Italia, è ripartito. L'elezione alla presidenza di Assindustria di Leopoldo Destro ha riacceso la macchina dell'aggregazione. La nuova commissione paritetica di 8 membri (Mauro Zennaro, Paolo Armeno, Gigliola Arreghini, Luca Fabbri, Alessandro Vardenaga, Claudio De Nadai, Enrico De Sole e Francesco Nalini) sta ricominciando a studiare la fusione tra Padova, Rovigo, Venezia e Treviso. «Una grande realtà per una grande metropoli da quasi 3 milioni di abitanti che ha tutto per diventare fulcro del nuovo rinascimento italiano», spiega Vincenzo Marinese, presidente di Confindustria Venezia-Rovigo.
L'idea era stata già lanciata con la presidenza Piovesana, poi si è arenata. Perché?
«Il progetto è rimasto in sospeso per le elezioni in Assindustria, poi è arrivata la pandemia. Ora io e Leopoldo Destro abbiamo riaperto il cantiere. C'è la volontà di arrivare alla fusione, ma il percorso sarà lungo perché vogliamo unire associazioni che insieme hanno 300 dipendenti, rappresentano 4600 aziende, 1400 tra Venezia e Rovigo, con circa 260mila addetti. Il percorso deve essere condiviso, le attività da fare sono tante».
A quando la fusione?
«Lo studio porterà via un anno, di più il dialogo col territorio con le assemblee nei vari comprensori. C'è una commissione paritetica che traccia il percorso, mi auguro che durante il prossimo mese si arrivi a un programma in dettaglio. L'ideale sarebbe arrivare alla fusione entro il 2023, Covid permettendo. Il 25 marzo nella nostra assemblea a Venezia rilanceremo il progetto».
Perché mettere insieme le imprese di Venezia, Rovigo, Treviso, e Padova?
«Perché quest'area è già una metropoli. Oggi più che mai valgono le dimensioni: per essere attraenti servono però anche infrastrutture efficienti comuni: penso a una metropolitana che unisca velocemente questi poli cittadini e produttivi ma anche all'aeroporto e al porto di Venezia, da rilanciare; alla banda larga da completare. Sviluppare insieme ricerca, innovazione, formazione (e qui ci sono grandi università e Fondazioni importanti). Nel rinascimento industriale si punta sempre sulle metropoli, cercando quartieri e aree da riqualificare e riportate a nuova vita come noi vogliamo fare a Marghera o in provincia di Rovigo. La nostra è un'area importantissima a livello italiano per la cultura, il sociale e il turismo, per l'export, che se organizzata e sviluppata può essere più attrattiva per gli investimenti stranieri. Credo fermamente che una Confindustria della Venezia metropolitana possa aiutare questo grande piano di rilancio e di sviluppo del nostro territorio».
Una metropoli per tutta Italia e non solo per il Nordest?
«Un'area che faccia da contraltare a Milano e a Bologna per la ricerca o le fiere, ma che anche si integri con questi poli, che sia attrattiva per i giovani. Questo è il più bel posto per vivere, abbiamo montagna, mare, le terme. E qualcosa di unico: Venezia. Un driver straordinario in tutto il mondo».
Sulle infrastrutture non tutto funziona a meraviglia. Il porto per esempio.
«Il porto è un'infrastruttura irrinunciabile, che ora vive grossi problemi. Gli istituti commissariali, pur utili per gestire alcuni momenti di emergenza, non sono funzionali allo sviluppo. Da anni parliamo di scavare i canali e di risolvere il problema delle crociere, e non ci riusciamo. Roma non può pensare a tutto: il risultato è che da anni tutto è impantanato. E perdiamo traffico, volumi, scoraggiando gli investimenti, le persone. In un momento sociale ed economico così difficile bisogna cambiare passo, dare nuove prospettive. Altrimenti gli imprenditori, come tutti, tirano i remi in barca».
E una nuova Confindustria più forte aiuta?
«Sì, la nostra missione è di fare cultura di impresa e sollecitare la politica per attuare azioni di politica industriale. Un'associazione forte diventa inevitabilmente una cassa di risonanza per i nostri progetti ed esigenze. In una politica dove contano i numeri, noi conteremo di più. Potremo fare accordi specifici sulla finanza, sul credito, sulla ricerca, sull'internazionalizzazione. Interloquire con la politica locale e nazionale con più forza. E ci aiuterà a essere sempre più cittadini del mondo».
Il nome della nuova associazione? Le poltrone?
«Non ne abbiamo nemmeno parlato, non si può parlare di minuzie quando si pensa ai grandi progetti come costruire la seconda territoriale d'Italia di Confindustria. Le poltrone da noi non sono un problema a differenza di tutti gli altri mondi».
Ora con Draghi e i fondi Ue la ripresa sarà più facile?
«Ci aspettiamo molto dal governo Draghi, ma non facciamo liste della spesa. Abbiamo il problema dei giovani, di avvicinare l'università al mondo del lavoro, del Fisco, della giustizia e della burocrazia. Il premier Draghi si è già impegnato su questi temi e noi lo appoggiamo».
Maurizio Crema
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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