Petrolio, l'Opec taglia la produzione in forte rialzo il prezzo del greggio

Sabato 8 Dicembre 2018
LA RIUNIONE
NEW YORK C'è voluto il beneplacito dell'alleato esterno: la Russia per portare a termine la trattativa dell'Opec dopo due giorni di negoziato a Vienna. Ieri pomeriggio i paesi membri si sono accordati per un taglio collettivo di 1,2 milioni di barili al giorno alla estrazione di greggio; più di quanto le frizioni emerse nella seduta lasciavano sperare, ma meno del volume realmente necessario per assicurare la stabilità duratura dopo l'altalena che negli ultimi mesi ha animato i mercati. Sulla piazza di Londra ieri la notizia è stata festeggiata con un immediato rialzo del 5,2% a 63,11 dollari al barile dopo le scivolate associate all'indecisione dei giorni scorsi. A New York nel pomeriggio il prezzo si è assestato più in basso, a quota 52,6 dollari.
IL TAVOLO
La Russia è stata ammessa al tavolo nel secondo dei due giorni del summit, quando i paesi non membri hanno avuto la parola. Solo a questo punto si è appreso che Mosca avrebbe accettato di tagliare del 2% la sua produzione, che a novembre era salita a 11,4 milioni di barili. La sua quota di sacrificio sarà quindi di 228-230.000 barili al giorno, appena sotto a quella accettata dai sauditi, di 250.000 barili. Nel complesso, i paesi Opec ridurranno la loro produzione di 800.000 barili, mentre quelli non Opec ne sottrarranno 400.000. L'incontro è servito a constatare che il dibattito interno tra i pasi che si sono costituiti in cartello quasi sessanta anni fa, non serve più a dare la voce ai più deboli e vulnerabili tra gli alleati. Al posto del negoziato, sono gli interessi dominanti dei grandi protagonisti della scena internazionale a fare da padrone. E i protagonisti del mercato attuale del petrolio sono due, entrambi estranei all'Onu: La Russia, osservatore speciale dei summit, e gli Usa, rappresentati all'interno dell'organizzazione dal fedele alleato saudita. Quest'ultimo ieri ha cercato di tenere segreto l'ammontare del taglio di produzione che aveva accettato, nel timore di inasprire i rapporti con Donald Trump, il quale dalla lontana Washington nei giorni scorsi ha continuato a spingere per un non intervento dell'Opec che avrebbe agevolato una ulteriore diminuzione dei prezzi di mercato. I tagli concordati non soddisfano la base di alcuni paesi del Golfo dall'economia traballante, ma assicurano alla Russia una temporanea tenuta dei prezzi al livello attuale, e la garanzia della profittabilità delle operazioni di estrazione.Un momento di incertezza si è avuto al momento di decidere il numero di esenzioni da assegnare ai paesi membri in maggiore difficoltà. In particolare i sauditi hanno cercato di escludere l'Iran dalle esenzioni dei tagli, come con ogni probabilità aveva ordinato l'amministrazione statunitense. Alla fine la misura è passata: l'Iran sarà esentata, così come lo saranno la Libia e il Venezuela. Non tutti i tagli saranno esecutivi immediatamente: la Russia ha chiesto di poterli applicare in modo graduale per via delle difficoltà climatiche che impediscono gli interventi correttivi su alcuni dei suoi giacimenti durante l'inverno. Allo stesso modo l'Arabia Saudita che a novembre era arrivata a produrre 11,1 milioni di barili, porterà il volume a 10,7 milioni a dicembre e a 10,2 milioni a gennaio. L'accordo non ha nessuna conseguenza invece per i produttori negli Usa, i quali alla fine dei conti risultano i veri vincitori della partita.
Flavio Pompetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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