«Open Fiber in due anni è già a metà del piano ma il Paese deve accelerare ancora sulla fibra»

Domenica 14 Luglio 2019
«Open Fiber in due anni è già a metà del piano ma il Paese deve accelerare ancora sulla fibra»
Non ci sono giustificazioni o alibi possibili. Né i numeri di un'Italia che si connette al web meno del resto d'Europa, né la bassa penetrazione dei servizi digitali tra famiglie e imprese. Men che meno altri «rumori di fondo» che distolgono dall'obiettivo di accelerare per avere presto una rete di nuova generazione per tutto il Paese, cruciale anche per la sfida del 5G. «Ma lo sa che chi si connette in Italia lo fa a una velocità media di 9,2 megabit al secondo? Impensabile per chi semplicemente vuole organizzare una vacanza, figuriamoci se parliamo di servizi al cittadino, del ritardo digitale delle imprese da colmare, e lo facciamo nell'era di Netflix. In una casa ci sono almeno 10 device collegati contemporaneamente e ognuno ha bisogno del suo pezzetto di banda».
Elisabetta Ripa guida Open Fiber da gennaio 2018, ma ne ha visto la nascita nel 2016 quale componente del cda. Se un anno e mezzo fa guardava a certi obiettivi come «una montagna alta da scalare», ora i numeri dicono che il piano nelle città è già realizzato a metà e che dà lavoro a 13.000 persone.
Quando è partito il progetto di Open Fiber c'era scetticismo. Poi Telecom-Tim vi ha messo i bastoni tra le ruote con i ricorsi sulle gare Infratel. Ora si parla di valutazione non inferiore da 3 a 8 miliardi, un bel salto.
«Non entro nel merito dei valori ma ogni giorno riceviamo l'attenzione di operatori esteri o investitori interessati. Nonostante i mesi in cui siamo stati fermi per i 12 ricorsi di Telecom, tutti puntualmente respinti, in meno di 18 mesi abbiamo dato un'accelerazione importante alla realizzazione della rete nelle aree in concessione. A fine anno saremo al 40% del nostro piano e avremo investito 3 miliardi, raggiungendo più di 7,5 milioni di case, contro il traguardo di 20 fissato al 2023, con 6,5 miliardi di investimenti. E accelereremo ancora».
Conferma il break-even non prima del 2023?
«Stiamo rispettando il piano. È un'operazione fortemente capital intensive, ma con ritorni molto interessanti perché costruisce una rete a prova di futuro. Anzi, è l'infrastruttura di accesso in fibra del Paese, visto che nessun altro investe come noi. Copriremo 270 città e 10 milioni di case, e raggiungeremo 7.635 comuni, quel terzo del Paese rimasto indietro, le aree C e D dei bandi Infratel».
Con questi numeri, non esiste il rischio di costruire due reti parallele e inefficienti: cade dunque il vantaggio di integrare Open Fiber in Telecom.
«Quello della duplicazione della copertura è un tema teorico, ma non sostanziale. Se davvero questo potenziale accordo è volto ad accelerare sulla fibra e sull'innovazione e non a sfruttare tecnologie del passato, è da condividere. E comunque ci sono anche altre soluzioni per evitare il rischio potenziale di coperture doppie».
Fare dei semplici accordi?
«Certo, forme di coordinamento e coinvestimento. È quello che ci ha chiesto per esempio il Comune di Roma nella realizzazione della rete in fibra, tra Flash Fiber e Open Fiber. In realtà già oggi il 70% di quanto realizziamo è su infrastrutture esistenti, comprese quelle di Telecom. E su Roma c'è un accordo con Acea».
È noto, però, quanto non sia semplice ottenere i permessi e gli accessi ai cavidotti di Telecom per esempio.
«L'interesse del Paese è avere rapidamente una rete di nuova generazione a disposizione di quanti vogliono competere sul mercato. E vogliono farlo ad armi pari. È il modello Wholesale only in cui crediamo, la miglior soluzione anche per l'Ue. Ma il mercato deve essere messo in grado di fare questa accelerazione».
In che modo?
«Semplificando e sensibilizzando tutti i soggetti in campo, a partire da chi dà i permessi: Provincie, Sovraintendenze, Anas, Fs».
Quanto è coerente tutto ciò con le volontà di integrare Open Fiber in Telecom?
«Non sta a me dirlo. Dico che abbiamo tanto da fare ad esempio nelle aree grige, attualmente non coperte dal nostro budget e sulle aree Bianche anche Telecom può diventare nostro cliente, perché no? Come gli altri operatori».
Una delle critiche a Open Fiber è che sulla sua fibra la penetrazione dei nuovi servizi è lontana dal 35% medio dell'Ue.
«Il nostro 12% è un successo a confronto con la velocità di penetrazione di altre soluzioni ultrabroadband. Di questo passo, nel 2023, saremo oltre la media Ue».
Non temete che la domanda di servizi risulti modesta, mettendo in discussione il modello.
«La domanda c'è dove c'è già la copertura in fibra come a Milano, o Palermo o Cagliari, alcune delle 80 città in cui commercializziamo il servizio. Milano è la città più cablata d'Europa ma è anche la città che utilizza di più i servizi: basti dire che la penetrazione sulla nostra rete supera il 50%».
Sarà l'estate dei cambiamenti per Open Fiber?
«Approfitteremo delle vacanze nelle città per correre di più ».
Roberta Amoruso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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