Mazzucco: Cariverona, si cambia

Martedì 18 Luglio 2017
Mazzucco: Cariverona, si cambia
VERONA - «Nelle Fondazioni bancarie ci sono ancora molti cda espressione della vecchia generazione e portatori di idee superate. L'epoca aurea dei dividendi di lusso è finita, bisogna rivedere le logiche del passato che avevano una giustificazione solo di prestigio personale: certe opere d'arte, alcuni edifici storici che costano spese enormi di manutenzione, non sono investimenti. Oggi bisogna diversificare e lavorare in squadra».
Il presidente di Cariverona Alessandro Mazzucco, veneziano, 73 anni, coordinatore della Consulta delle Fondazioni bancarie del Triveneto, si muove deciso nel panorama del credito italiano e sta pilotando la Fondazione insieme al direttore generale Giacomo Marino verso il mercato aperto degli investimenti e con strategie molto precise su banche, aeroporti, fiere: «I risultati ci danno ragione, gli investimenti finanziari sono cresciuti del 16% a valori di mercato rispetto al giugno 2016 - sottolinea l'ex rettore dell'università di Verona e cardiochirurgo di fama -. Anche l'investimento in doBank, banca con radici a Verona e dove siamo terzi azionisti sotto il 2%, ci sta dando soddisfazioni. Ma anche questo non è un impegno a vita».
Presidente, il vostro principale asset, che vale ancora il 33% del vostro patrimonio di oltre 2 miliardi, è ancora Unicredit: quota strategica?
«Nessun vincolo, siamo pronti a vendere il nostro 1,8% quando le azioni arriveranno ai valori di carico, anche se non è un obiettivo assoluto: dipenderà dal miglior investimento in quel momento. In ogni caso non ci interessano posti in cda. Con l'Ad Jean Pierre Mustier abbiamo un rapporto personale, apprezzo molto quello che sta realizzando: la sua è stata un'amputazione chirugica. Cariverona come le altre Fondazioni conferitarie - insieme controlliamo il 5% del gruppo - sta ora seguendo con grande attenzione il rinnovo del cda».
Seguite con attenzione anche il Banco Bpm?
«Abbiamo partecipato all'aumento, controlliamo poco meno dello 0,5%, l'Ad Giuseppe Castagna sta facendo bene. Detto questo, nessuno ci ha mai chiesto di entrare nel nocciolo duro degli azionisti del Banco Bpm e in ogni caso non ci interesserebbe».
Il rilancio di Popolare Vicenza e Veneto Banca è fallito, ed è arrivata Banca Intesa.
«Direi che oggi sono tutti contenti, tranne gli azionisti. Il fallimento delle banche venete è stato il fallimento di una parte della classe dirigente del Nordest. I vertici di allora ci hanno chiesto una mano, ma non c'erano le condizioni per dargliela. Ora spero che non accadano più altri casi problematici».
Avete acquistato il 3% di Cattolica Assicurazioni. Vi interessa anche il 9% che ha in custodia ancora Fabrizio Viola nella BpVi in liquidazione?
«Quando abbiamo acquisito il 3% abbiamo fatto un favore anche al presidente di Cattolica Bedoni. Adesso vedremo il da farsi, con Viola non abbiamo problemi a sentirci e parleremo anche con i vertici di Cattolica. L'unica nostra pregiudiziale è il rendimento dell'investimento».
E se Cattolica non si trasformasse in spa?
«Ci penseremo con ancora più attenzione».
Da azionisti dell'aeroporto del Garda di Verona e Brescia che ne dite della gestione Save?
«Verona si aspetta molto di più da Save. Gli aeroporti sono strategici per tutto il Triveneto».
Siete grande socio di Veronafiere, rimasta però isolata nel Nordest.
«La Fiera sta crescendo da sola, ma non basta: ha bisogno di allearsi non solo in Veneto ma anche a livello internazionale».
Lei parlava prima di opere d'arte e palazzi che servivano solo come prestigio personale. Cosa intendete fare di questo tesoro nascosto o inutile?
«Cariverona ha un patrimonio immobiliare di 460 milioni che ci rende poco. In alcuni casi pensare a vendere è un dovere. In altri bisogna inventarsi qualcosa di nuovo. Per esempio a Verona manca un grande museo. E serve anche un master plan che pianifichi il suo sviluppo urbanistico: se ne occuperà l'ex rettore dello Iuav Marino Follin».
Che farete per il Veneto?
«Ho proposto alle altre Fondazioni di concentrare i nostri sforzi su pochi progetti a beneficio di tutto il territorio senza spartizioni. Il primo campo d'azione comune sarà la ricerca. Vogliamo dare finalmente un'immagine del Veneto che sa farsi motore di sviluppo e attrattivo anche per i ricercatori stranieri. O gli italiani che qui da noi non hanno potuto trovare spazio».
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