Materie prime alle stelle Audi e Volvo già in crisi

Venerdì 18 Giugno 2021
IL CASO
NEW YORK Pechino dichiara guerra alla corsa dei prezzi delle materie prime. Il governo cinese tramite un'oscura agenzia avara di dati e di dettagli, ha disposto l'immissione nel mercato nazionale di una quantità indefinita di alluminio, rame e zinco, nel tentativo di calmierare i prezzi impazziti sui mercati internazionali. La decisione segue una direttiva dei giorni scorsi con la quale si raccomandava alle aziende di bandiera di sottrarsi al giogo degli acquisti all'estero delle materie prime per non inflazionare ulteriormente il mercato interno. I materiali di riserva saranno ceduti alle aziende sulla base di aste periodiche, anche se date e volumi globali non sono stati specificati. I due annunci hanno avuto ripercussioni deflattive sui listini di Londra e Shanghai; l'effetto si è esteso anche ai materiali ferrosi sulla piazza di Singapore, e il mercato delle commodities in Australia ha registrato le perdite maggiori nell'ultimo mese.
DOMANDA ESPLOSIVA
La scarsità universale di materiali (dalle viti al legno, dai container alla carta da imballaggio, dai chip al cemento) affligge da mesi il mercato globale mentre gli ingranaggi dell'economia riprendono a girare, e la domanda si sta facendo esplosiva. Non ha certo aiutato il fatto che all'inizio di questa fase di transizione si sia verificato l'incidente nello stretto di Suez, con il cargo Ever Given incagliato per sei giorni, e una perdita aggregata per il commercio mondiale che la tedesca Alliance ha stimato tra lo 0,2 e lo 0,4% del Pil mondiale. Le case automobilistiche stanno lottando da settimane con la mancanza cronica di chip, che ieri ha forzato di nuovo l'arresto delle linee di assemblaggio di Audi e Volvo in Belgio, e che a fine anno potrebbe penalizzare l'intero settore automobilistico di 110 miliardi di dollari. All'interno di questo ingorgo che sta strozzando la produzione e rallentando gli acquisti dei consumatori, il settore delle materie prime ha un importanza particolare, in quanto è legato alla geopolitica industriale. La Cina è stata per gli ultimi due decenni il maggiore consumatore di metalli al mondo, mentre le fabbriche si moltiplicavano e le aziende conquistavano i mercati esteri. Questo ruolo negli ultimi anni si è indebolito, via via che il costo della manodopera diveniva più caro, e che le produzioni si spostavano a Sud verso il Vietnam, la Cambogia e il Laos.
Il fenomeno si è rovesciato quando il successo del governo di Pechino nella lotta contro l'epidemia ha permesso alle industrie nazionali di ripartire con largo anticipo. Lo scorso gennaio la produzione industriale ha avuto un incremento fulmineo del 30%, parallelo a quello della spesa dei consumatori cinesi. Il successo ha reso però al tempo stesso la filiera particolarmente vulnerabile all'ottovolante del mercato delle materie prime, in un momento in cui le commodities stavano entrando nel vortice della speculazione internazionale. L'eccezionale disponibilità di liquidi proveniente dai fondi di stimolo dell'economia nei diversi Paesi ha poi chiuso il cerchio intorno ad una bolla dei prezzi che sta spingendo l'inflazione dagli Usa all'Europa, e rischia di danneggiare anche la ripresa cinese. Nell'ultimo mese la tigre asiatica ha visto dimezzarsi la spinta della produzione e dei consumi rispetto alla ripartenza all'inizio dell'anno, ed è per questo che il governo si è mosso aprendo la porta delle riserve.
L'agenzia pechinese che amministra le derrate strategiche alimentari e industriali non divulga l'entità dei suoi stock, ma un'analisi di Citigroup stima che in magazzino ci siano due milioni di tonnellate di rame, 800 mila di alluminio e 350 mila di zinco. Questo volume è equivalente ad un sesto del fabbisogno nazionale su base annua, e permette quindi alle industrie locali di sottrarsi per due mesi dai capricci del mercato. E i prossimi due mesi saranno cruciali nel definire la nuova scacchiera dell'economia mondiale dopo la ripresa.
UNA POLITICA AGGRESSIVA
L'analisi della Fed due giorni fa ammoniva circa il clima di particolare competitività che si sta scatenando in questa fase di ripresa, e che potrebbe sconvolgere gli assetti commerciali. La strategia dell'accesso alle riserve non è nuova per il governo cinese. L'agenzia che al tempo sovraintendeva alla stessa funzione di calmierazione del mercato prese un'iniziativa simile nel 2005, per rimediare alle scommesse sventurate che alcuni grandi investitori avevano fatto sul mercato delle commodities. Si tratta di una politica aggressiva e poco osservante delle norme che regolano la competizione internazionale; ma è perfettamente in linea con la voracità con la quale il paese asiatico si sta impadronendo delle risorse della terra in ogni angolo del mondo.
Flavio Pompetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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