Mantovani pronta al concordato

Sabato 17 Novembre 2018
Mantovani pronta al concordato
LA CRISI
VENEZIA Dopo la padovana Fip anche la Costruzioni Ing. E. Mantovani avrebbe chiesto il concordato in bianco. Scricchiola un altro pezzo del gruppo della famiglia Chiarotto. La decisione del vertice della società mestrina ancora controllata dalla Serenissima Holding di Padova sarebbe arrivata nei giorni scorsi. Dopo l'intesa del 25 giugno scorso, dal primo agosto di quest'anno il ramo costruzioni della Mantovani è stato preso in affitto dalla Coge Costruzioni Generali Srl, società partecipata da Coge International con sede a Londra che fa riferimento alla famiglia Ferrari, storica realtà del mondo delle costruzioni nell'area lombarda. Coge Costruzioni ha varato una newco, CogeMantovani spa, che ha preso in carico i contratti dei lavori, il personale (105 addetti), gli uffici di sede, le attestazioni Soa, le attestazioni di qualità, le attrezzature e i mezzi necessari per lo svolgimento dell'attività della storica Mantovani. Proprio questa nuova società avrebbe dovuto continuare i lavori del Mose, le dighe mobili di Venezia, storico appalto della Mantovani giunto ormai al completamento del 93% delle opere. I commissari del Consorzio Venezia Nuova però nelle scorse settimane hanno posto dei paletti alla continuazione delle opere (la commessa ancora da chiudere ammonterebbe a 120 milioni circa, un terzo del totale) e hanno criticato le tre imprese coinvolte in passato, Mantovani, Condotte e Grandi lavori Fincosit, le ultime due già in concordato.
RILANCIO FRENATO
«Delle ultime mosse della società non parlo, oggi sono solo un consulente di serenissima Holding - spiega Carmine Damiano, presidente della Mantovani fino al marzo scorso - di sicuro posso dire che con la mia gestione, iniziata nel marzo 2013, è sempre stata assicurata legalità, trasparenza e l'occupazione. Se Mantovani è ancora in piedi oggi è grazie all'azione della nostra governance. Il settore è in difficoltà da tempo, tante altre realtà sono già in concordato e abbiamo dovuto operare in un contesto molto difficile dopo gli scandali del passato e i rapporti difficili con i commissari del Consorzio Venezia Nuova. Due anni fa abbiamo avviato un deciso piano di internazionalizzazione che ha portato i primi frutti come i lavori nel porto di Aqaba in Giordania o in Romania, ma le difficoltà finanziarie che abbiamo dovuto affrontare per i mancati pagamenti sui lavori effettuati del Mose e rimborsi fiscali ancora non versati dallo Stato ci hanno impedito di sottoscrivere altri contratti importanti all'estero come quelli per Expo Dubai 2020 e in Romania». Damiano poi ricorda che il tempo passa inesorabile e che anche i lavori già effettuati nella laguna di Venezia sono oggetto di deperimento: «Le paratoie di Cavallino Treporti sono state poggiate nel 2013, le prime manutenzioni dovrebbero già partire, erano fissate da protocollo dopo cinque anni».
Nel 2017, prima della scissione, la Mantovani aveva registrato un giro d'affari di un'ottantina di milioni. Nella vecchia Impresa di Costruzioni Ing. E. Mantovani, sede legale a Mestre e sede amministrativa a Padova, sono rimaste partecipazioni importanti come quella nel Terminal Ro-Ro di Fusina (porto di Venezia) e consorzio Sifa (47% in mano alla vecchia Mantovani, bonifiche acque di Porto Marghera). Poi ci sono i project come la strada Treviso Mare, e ancora piccole quote nelle società che gestiscono ospedali. Gli addetti sarebbero ancora qualche decina.
LA CRISI FIP
Il 2 agosto scorso era entrata in crisi anche un'altra controllata della famiglia Chiarotto, la Fip Industriale, storica azienda di Selvazzano Dentro (Padova) partecipata da Serenissima Holding che produce e impianta giunti per ponti e viadotti e dispositivi antisismici. Annunciato anche il licenziamento di 96 dipendenti del ramo edile, un'altra vittima della crisi dell'edilizia e dello scandalo Mose. Nella primavera la dirigenza, in mano a Donatella Chiarotto, aveva annunciato lo divisione dei due rami dell'azienda, quello edile e quello meccanico. Quest'ultimo, con 115 lavoratori, era confluito in una newco, la Fip Mec.
Maurizio Crema
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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