Luiss, così i giovani imprenditori vanno a scuola di family business

Sabato 14 Luglio 2018
GOVERNANCE
ROMA Ci vuole passione, più che senso del dovere per fare i futuri piloti delle aziende familiari. Ma anche quella spinta ad assumersi il rischio, molta curiosità e la consapevolezza - questa certamente - di scrivere una pagina importante della storia industriale del Paese, visto che in Italia il 45% delle imprese familiari è prossimo ad affrontare il passaggio generazionale. E del resto è in gioco il futuro dell'85% della produzione nazionale. Tutto questo, insieme al senso della trasformazione in atto e della leadership imprenditoriale necessaria per raccogliere la sfida del tempo, tra rivoluzione digitale e scenari geopolitici, è stato al centro del corso di «Family business management» della Business School della Luiss ideato e diretto da Fabio Corsico, che ha celebrato ieri nella cornice di Villa Blanc la prima graduation per i 23 partecipanti. E c'è anche il discendente di una famiglia di imprenditori da cinque generazioni, eredi di case di moda, rampolli di industrie alimentari e di arredamento tra quanti da febbraio a luglio ha fatto una full-immersion di soluzioni strategiche ad hoc per assicurare un equilibrio tra la corretta gestione e gli obiettivi degli azionisti. «Sono le testimonianze dei ragazzi a raccontare il successo della prima esperienza», spiega Corsico. Ma l'obiettivo è ancora più ambizioso per i prossimi anni e guarda anche all'estero. «Allargheremo il numero dei partecipanti a 30 e saranno previsti due moduli a Parigi», ha aggiunto lo stesso ideatore del progetto.
LA TRASFORMAZIONE
A sottolineare l'importanza di certi ingredienti nel corso della cerimonia di chiusura Gian Maria Gros-Pietro, presidente del cda di Intesa Sanpaolo e anche nell'Advisory board del progetto Family Business management della Business School, e Lorenzo Pellicioli, ad del gruppo De Agostini e presidente di DeA Capital. I vantaggi di un'impresa familiare? «La famiglia è un punto di forza anche nella tempesta», ha risposto Gros-Pietro intervistato da Corsico nel corso della tavola rotonda. «In questo caso tutti cercano di salvare la nave, mentre lì dove non c'è la famiglia generalmente tutti si chiedono se sono sulla nave giusta e si guardano intorno». Ma c'è anche di più per Pellicioli: «Avere un azionariato stabile, tipico delle aziende familiari, è un grande vantaggio». Ma attenzione a «non farlo per dovere, ci vuole tanta passione» nell'occuparsi di un patrimonio così prezioso per l'Italia. «I nostri padri e i nostri nonni ci hanno insegnato che nei momenti difficili la famiglia si compatta. È tutta la famiglia al servizio l'impresa e non l'impresa al servizio della famiglia. Altro che capitalismo amorale», dice da parte sua il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. Con questo corso «si costruisce un ceto dirigente», aggiunge, «serve a costruire un futuro» in cui le Pmi continueranno a essere «il tessuto del Paese» e bandiera dell'export. Di qui la sfida di Luigi Abete, presidente della Luiss Business School: «Aggiungere uno zero alle tante multinazionali tascabili di questo Paese». Il nuovo progetto di Confindustria e Lbs per aprire le imprese familiari ad azionisti di minoranza può essere un formidabile trampolino.
Roberta Amoruso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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