«La Russia ha sempre bisogno e voglia di made in Nordest. E quello russo non

Domenica 16 Maggio 2021
«La Russia ha sempre bisogno e voglia di made in Nordest. E quello russo non è solo un mercato strategico, ma anche un Paese strategico. Malgrado tutto, ci sono segnali di distensione. È interesse di tutti cercare una coesistenza tranquilla, incontrarci su quelle cose su cui siamo d'accordo. Il business per esempio può sostituire la diplomazia».
Antonio Fallico, 76 anni, è un uomo che della Russia e del mondo vicino a Mosca sa molto, quasi tutto. «Ci andai per la prima volta nel 1974 quando l'allora Banca Cattolica del Veneto aprì un ufficio, dopo la laurea e lo sbarco a Verona, la mia città d'adozione dove ho insegnato all'università». Oggi è presidente di Banca Intesa Russia e dal 2012 è ai vertici di Mir Capital, il primo Fondo d'investimento italo-russo fondato da Intesa e Gazprombanke. Ma è anche impegnatissimo a creare ponti culturali con l'associazione «Conoscere Eurasia», fondata nel 2007 a Verona.
In questi ultimi anni lavorare per la Russia non è stato semplice: sanzioni, rapporti diplomatici tesi. Lei come la vede la situazione oggi?
«Le sanzioni proibiscono esportazioni dall'Europa soprattutto nell'agroalimentare e nell'alta tecnologie - risponde da Mosca Fallico - ma soprattutto sono una barriera psicologica per gli imprenditori italiani. E sono una barriera anche per i russi: a Mosca capiscono che il nostro governo non è ostile, ma queste sanzioni un pochino scoraggiano e vediamo qualche disinvestimento in Italia. È deperito soprattutto l'interscambio: dal 2014 al 2020 il calo è stato del 35%, in certi casi anche del 50%. Ma gli investimenti diretti sono diminuiti di pochissimo, - 10%».
Perché?
«Chi si radica qui ha maggiori possibilità di sviluppare gli affari. Ci sono diversi esempi di successo di imprese del Nordest in Russia, penso a Danieli, Zoppas, la Codest di Udine. La maggior dai mobili esportati sono del Nordest, ci sono tanti negozi Calzedonia, il Prosecco è molto popolare. La Russia ti apre anche uno spazio commerciale immenso, fino alla Cina grazie all'Unione Economica Euroasiatica. Anche la Serbia ha accordi particolari con Mosca».
Quali sono i settori più promettenti dove investire?
«Le produzioni tecnologiche, ma anche l'alimentare, e ci sono grandi vantaggi fiscali. I numeri non ci danno ragione ma bisogna forzare i nostri imprenditori a prendere più fiducia».
Con l'aumento del prezzo del petrolio c'è aria di ripresa?
«Il barile è 67 dollari dà una grande possibilità di sviluppo. Ma la Russia è anche un Paese di alta tecnologia. Leonardo compra i suoi chip in Siberia. Il 20 giugno Enel inaugura il più grande parco eolico al mondo sul Don, pensi che 14 anni fa il primo forum a Verona di «Conoscere Eurasia» era dedicato alle energie alternative, sembrava fantascienza. E sono all'avanguardia anche nella farmaceutica».
A che punto è lo sbarco del vaccino Sputnik in Italia?
«Sputnik è stato già venduto in 60 paesi, viene prodotto all'estero. Entro fine maggio speriamo nel via libera dell'Europa e poi si potrebbe vendere anche in Veneto: il governatore Zaia mi sembra aperto a quest'ipotesi. E chissà che non si possa anche produrlo lì».
Le imprese hanno bisogno di banche d'appoggio...
«Come Intesa qui abbiamo una storia importante, un migliaio di addetti e grande autonomia. Poi c'è Unicredit, che è l'altra grande banca straniera. Intesa insieme alla Gazprom ha varato Mir Capital, un fondo che investe in aziende medie italiane e russe, come la Lima di Udine. Poi c'è l'iniziativa tra Cdp e il fondo russo Rdif, ma non la vedo molto attiva».
C'è ancora spazio per imprenditori coraggiosi?
«Sì, ma bisogna costruire ponti, noi ci proviamo: quest'anno nel forum a San Pietroburgo ci sarà anche il ministro Giorgetti. Il primo luglio a Innoprom l'Italia sarà ospite d'onore col ministro Di Maio. E il 28-29 ottobre il forum a Verona».
Maurizio Crema
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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