«La libertà d'impresa va sempre rispettata, ma da alcuni Paesi Ue concorrenza sleale»

Mercoledì 21 Febbraio 2018
ROMA Fino ad oggi, da Viale dell'Astronomia, sede della Confindustria, sulla vicenda di Embraco non era arrivata ancora nessuna posizione ufficiale. L'Unione degli industriali di Torino, l'articolazione territoriale, sta lavorando insieme alle altre parti istituzionali alla ricerca di una soluzione alla vertenza. Che per l'associazione degli industriali è molto delicata. «Nella crisi Embraco ci sono due elementi», dice Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria. «Il primo», spiega, «è una questione di metodo. C'è un evidente vulnus nella normativa europea se un Paese può fare concorrenza sleale ad altri paesi membri dell'Unione garantendo condizioni di favore magari utilizzando a questo scopo gli stessi fondi europei. Questo è un problema che esiste e non si può negare». Insomma, le rimostranze fatte dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda alla commissaria europea per la concorrenza, Margrethe Vestager, sono condivise. Combattere ad armi pari con chi può permettersi di offrire condizioni fiscali irripetibili per Paesi come l'Italia, potendo già contare su un costo del lavoro molto più basso dovuto alle differenze di sviluppo, è impossibile. Secondo uno studio condotto dal Parlamento europeo, si stima che il gettito fiscale perso ogni anno a causa delle politiche aggressive esercitate da singoli Paesi oscilli tra i 70 e i 160 miliardi di euro.
LE SOLUZIONI
«Ma detto questo, e fermo il presupposto che per Confindustria la libertà di scelta delle imprese è sacra», aggiunge il direttore generale della Confindustria, «l'Unione degli industriali di Torino è impegnata a ricercare una soluzione che tenga conto delle esigenze delle 500 famiglie coinvolte e del territorio. Questa vicenda», aggiunge ancora, «mette in evidenza anche un'altra questione». Quale è presto detto. «L'Italia», spiega Panucci, «è indietro nell'attivazione delle politiche attive. Se fossimo già partiti la soluzione di crisi come quella di Embraco sarebbe più semplice».
Aiutare il lavoratore a ricollocarsi invece di tentare in tutti i modi di salvare il posto di lavoro che già occupava, è una delle grandi incompiute di tutte le riforme che si sono succedute negli anni. Una promessa da sempre mancata. La soluzione della crisi di Embraco sembra a questo punto appesa ai progetti di reindustrializzazione prospettati da Calenda con l'eventuale intervento della società pubblica Invitalia. E su questo fronte, anche l'Unione degli industriali di Torni collabora. In attesa, magari, come ha chiesto Calenda alla commissaria alla concorrenza Vestager, che Roma abbia la possibilità di utilizzare come strumento un fondo anti-delocalizzazione, che permetta di replicare le offerte in dumping fatte da partner europei come la Slovacchia.
Andrea Bassi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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