Intesa Sp, piano da 150 miliardi

Domenica 14 Ottobre 2018
Intesa Sp, piano da 150 miliardi
LA STRATEGIA
ROMA Non solo le partecipate del Tesoro, anche le tanto bastonate banche sono pronte a fare la loro parte per spingere la crescita. E Intesa Sanpaolo è già in prima linea con un piano di finanziamenti triennale alle Pmi per almeno 150 miliardi di euro. La promessa è del presidente Gian Maria Gros-Pietro, a Bali per i meeting annuali di Fmi/Banca mondiale di Bali.
Se dunque le sei società pubbliche nel perimetro Cassa depositi e prestiti (Terna, Snam, Fincantieri, Italgas, Open Fiber, Ansaldo energia) puntano già a 22 miliardi nel prossimo quinquennio (senza contare Poste e Fs), altri 5 miliardi di cantieri bloccati per la mancanza di norme primarie o di autorizzazionipotrebbero essere presto scongelati. Ma con il piano di riforme strutturali del governo Cdp potrebbe spingersi fino a 35 miliardi di euro. I numeri delle potenzialità emersi dalla cabina di regia sugli investimenti voluta dal governo sono già importanti. Un certo vantaggio, poi, per la crescita potrebbe anche arrivare da un'accelerazione della tabella di marcia degli investimenti. Si spera. Del resto, lo ha detto anche l'ad di Eni, Claudio Desclazi: soltanto lo snellimento della burocrazia può valere un miliardo di euro in più da impegnare, oltre ad accelerare i tempi del piano.
Da parte loro, le banche, soprattutto quelle con le spalle larghe, già da tempo sono sulla strada del supporto all'economia, indispensabile per un Paese bancocentrico come l'Italia. Certo, l'attenzione del settore alla qualità del credito c'è. Non potrebbe essere altrimenti, considerati gli occhi puntati della Bce sugli Npl. Anche l'aumento dello spread non è ininfluente per gli istituti. Ma «certi livelli di spread», ha assicurato Gros Pietro, «hanno un impatto marginale sulla qualità del credito». Quanto ai Btp che gli istituti di credito hanno in bilancio, «non è il nostro investimento preferito» ma è una «questione di liquidità» e «ci è anche richiesto di averli». ha aggiunto il presidente di Intesa Sanpaolo, che ha di fatto già dimezzato il peso dei titoli italiani per diversificare il portafoglio.
L'IPOTESI DEL FONDO SALVA-CONTI Nonostante tutto questo, hanno ben presente nel mondo bancario quanto valgano i piani di finanziamento per le imprese. Lo ha ben presente di sicuro, Carlo Messina, l'ad della stessa Intesa Sanpaolo che già all'inizio di ottobre aveva ribadito quanto fosse più preoccupato dello spread tra investimenti italiani e tedeschi, piuttosto che del differenziale tra i titoli governativi dei due Paesi. Quei 155 miliardi di differenziale di investimenti in dieci anni pesano come un macigno. Soprattutto se si pensa che da noi sono stati iniettati 84 miliardi di euro in meno nello stesso periodo in cui in Germania gli investimenti sono cresciuti per 70 miliardi.
Dunque è in questo contesto che si inserisce il piano della banca di Messina e Gros Pietro. Un piano non nuovo per la strategia dell'istituto, ma di sicuro ben posizionato per prendere il buono della manovra del governo, quello che punta sulla crescita. I miglioramenti fatti dalle banche italiane, «ancora poco compresi», ha spiegato Gros-Pietro, hanno permesso negli ultimi 18 mesi di dimezzare gli stock di Npl e di tenere il loro tasso di crescita a livelli inferiori a quelli pre-crisi. In dieci anni, poi, i coefficienti patrimoniali sono quasi duplicati (Cet1 da 7,1% a 13,8%)». Così si spiega anche la scelta di «mettere a disposizione delle imprese almeno 50 miliardi ogni anno per sostenere gli investimenti, una cifra che si confronta con i 15 miliardi in tre anni del governo, ha sottolineato il presidente. Basta pensare al potenziale collegato al settore dei cambiamenti climatici e dell'economia circolare per immaginare il destino di una parte di queste risorse. La manovra? «Mi sembra abbia un'ispirazione di politica economica che punta sulla crescita, perchè è più importante questo che farsi trainare dalla crescita». Per il resto, c'è una via immaginata da Intesa Sampaolo per ridurre di 50 miliardi un debito pubblico che rappresenta «una pietra al collo per il Paese e che soffoca la capacità del Paese». Si potrebbe far «confluire il patrimonio immobiliare degli enti pubblici non utilizzato o sottoutilizzato in un fondo immobiliare e collocarne le quote presso investitori sul fronte domestico. Sarebbe «un cambiamento di direzione» per Gros-Pietro, che «sarebbe accolto bene anche dai mercati, visto che gran parte del patrimonio immobiliare degli enti pubblici è gestito male e avrebbe bisogno di essere valorizzato». Per il dossier Alitalia, invece, «nessun interesse: non ne ho mai parlato con il ministro Tria».
Roberta Amoruso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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