IL FOCUS
ROMA E ora, dopo che anche la carta Palazzo Chigi è miseramente

Giovedì 17 Ottobre 2019
IL FOCUS
ROMA E ora, dopo che anche la carta Palazzo Chigi è miseramente fallita, sono tutti alla ricerca di un piano B per salvare la fabbrica napoletana della Whirlpool. Ma le idee in questo momento restano poche e confuse. Anche quella lanciata dal governatore della Campania, Vincenzo De Luca, di coinvolgere la struttura di Invitalia per trovare nuovi partner più solidi rispetto agli svizzeri della Prs (15.000 euro di capitale sociale), non è una strada così semplice da percorrere: per prima cosa serve che gli americani della multinazionale di elettrodomestici facciano finalmente un passo indietro e si dicano disponibili a sondare questa possibilità. Cosa che l'altro ieri a Palazzo Chigi pare abbiano escluso. De Luca si dice a pronto a mettere sul piatto come Regione Campania copertura fiscale, fiscalizzazione degli oneri sociali al 100% e contributi diretti nell'ambito di un contratto di programma, ma per ora dal gruppo non c'è nessuna apertura. D'altronde nell'arco di un anno il governo ha già messo sul piatto 40 milioni di euro: 23 con l'accordo di sviluppo firmato a ottobre 2018 che il gruppo, con la chiusura del sito napoletano, non vuole rispettare; 17 milioni in una norma inserita nel decreto imprese attualmente all'esame del Senato confezionata su misura per Whirlpool (fondi ovviamente ancora da erogare). Non sono i soldi quindi a poter convincere gli americani a restare nel capoluogo partenopeo.
E intanto la situazione a Napoli, tra i 420 lavoratori che tra quindici giorni si troveranno senza lavoro, sta diventando sempre più difficile. Vanno avanti assemblee e presidi, si programmano nuovi cortei e manifestazioni, si cerca la solidarietà anche degli altri 4.500 dipendenti del gruppo sparsi nella Penisola. «Non lasceremo soli questi lavoratori, dobbiamo trovare una strada per dar loro un futuro sereno di lavoro. In questi mesi hanno già sofferto le pene dell'inferno» dice il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ribadendo la richiesta di un incontro urgente con il governo. In realtà la vertenza Whirlpool è solo la punta di iceberg di una totale mancanza di politica industriale che ha caratterizzato il primo governo Conte e soprattutto la gestione di Luigi Di Maio al ministero dello Sviluppo Economico. In oltre un anno non è riuscito a risolvere nemmeno un tavolo di crisi. Al massimo ha varato qualche pannicello caldo: proroghe di ammortizzatori sociali oppure la norma anti-delocalizzazioni nel decreto Dignità che impegna le aziende che prendono incentivi a rimanere sul territorio italiano almeno per cinque anni, salvo restituzione di quanto già incassato. Evidentemente troppo poco per convincere gli imprenditori a non scappare, soprattutto dal Sud dove il problema principale è la mancanza di infrastrutture di supporto. La vicenda Whirlpool è emblematica: a ottobre con la firma dell'accordo di sviluppo sembrava che il più fosse fatto, ma invece dopo solo pochi mesi la situazione per la fabbrica di Napoli è precipitata. E finora non si è trovata alcuna corda in grado di ritirarla su dal pozzo.
Centocinquattotto tavoli di crisi, duecentomila lavoratori con il posto di lavoro a rischio (trecentomila con l'indotto): questa è l'eredità Di Maio secondo quanto riferito nel question time al Senato del 10 ottobre scorso dall'attuale ministro Stefano Patuanelli, anche lui pentastellato. Nonostante l'appartenenza allo stesso Movimento, Patuanelli però sembra aver intenzione di imprimere un cambio di passo. Di Maio ha preferito puntare tutte le sue fiches sull'assistenza, con il varo del reddito di cittadinanza. Patuanelli si è concentrato su Industria 4.0: nei prossimi tre anni sulla misura sono stati stanziati oltre 3,5 miliardi (130 milioni nel 2020, 1,5 miliardi nel 2021, 1,9 miliardi nel 2022). «Per risolvere i singoli casi i crisi aziendali, dobbiamo creare le condizioni per produrre, per creare lavoro, dobbiamo varare un vero piano industriale» ha detto. Intanto però c'è la vertenza Whirlpool da risolvere.
Giusy Franzese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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