Guzzetti, addio con polemica «Non torna il duce, però...»

Sabato 18 Maggio 2019
IL COMMIATO
ROMA Spread, Europa, immigrati, fascismo. Il commiato di Giuseppe Guzzetti dalla scena nazionale è stato in linea con il carattere del personaggio che, anche durante il suo lungo regno, spesso si è mosso controcorrente. «Quando si fanno dichiarazioni come in Europa cambio tutto, andiamo oltre il 3%, lo spread me lo mangio a colazione, poi devi spiegare cosa succede quando lo spread va oltre 250 punti, un livello insopportabile per noi. Abbiamo perso un sacco di soldi in questi mesi, forse lo spread ha qualche collegamento con i mutui alle famiglie o con i finanziamenti all'economia. Evidentemente sono temi difficili per qualcuno, più facile fare slogan contro l'Europa che ci strangola e affama».
Sono alcuni estratti dell'intervento senza peli sulla lingua dall'avvocato comasco, «non per fare polemica contro il governo» ma perché «bisogna avere il senso di responsabilità».
Verso la fine della giornata dell'Acri nella quale si dava l'addio al suo leader, non più rinnovabile perché ha concluso due mandati alla presidenza di Cariplo, Guzzetti è andato giù piatto in particolare contro la Lega, senza però risparmiare i 5Stelle, davanti a una platea di esponenti delle fondazioni in verità non troppo gremita, sebbene tra le presenze si possono citare Giovanni Bazoli, Paolo Andrea Colombo, Enrico Salza (in rappresentanza di Intesa Sp), Gabriele Galateri (Generali), Massimo Tononi e Fabrizio Palermo (Cdp), Giovanni Sabatini (Abi).
Come «azionista di Intesa Sanpaolo dico lunga vita all'ad Carlo Messina ma con Intesa per via dello spread abbiamo perso un sacco di soldi», ha ammonito Guzzetti, perché il differenziale pesa «sui tassi dei prestiti alle imprese, c'è gente che non investe e stranieri che scappano». L'applauso scrosciante è scattato quando Guzzetti ha ricordato che «in questo momento si dice non c'è il fascismo, ebbene io credo che non torni il duce ma i suoi contenuti in giro li vedo». E ha aggiunto di guardare con perplessità al fatto che «una parte della borghesia industriale sembra non disdegnare l'idea di dare potere a uno che rimette a posto tutto». Ciò è frutto di un «clima preoccupante» e si arriva al punto di tollerare che «quelli di CasaPound vanno nei quartieri a fare un tam tam indescrivibile quando arriva una famiglia rom, mentre nessuno interviene sul fatto che loro vivono dentro un luogo abusivamente».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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