Ex Ilva, il piano del governo: cassa integrazione e intervento dello Stato

Venerdì 6 Dicembre 2019
Ex Ilva, il piano del governo: cassa integrazione e intervento dello Stato
LO SCONTRO
ROMA Il nuovo progetto di ArcelorMittal per l'ex-Ilva «è da respingere». La durezza del premier, Giuseppe Conte, conferma quanto il governo sia deciso a dare battaglia pur di spingere la multinazionale a trattare e a dare un futuro all'acciaieria di Taranto. A patto che si trovi una strada possibile, viste le distanze tra i 1.000-1.500 esuberi accettabili per il governo e i 4.700 esuberi chiesti da Arcelor-Mittal. Ora i franco-indiani aspettano le contro-mosse di Palazzo Chigi, un piano nero su bianco, non solo annunci.
E dunque è un piano con quattro punti centrali, quello che presenterà entro lunedì il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. Il primo obiettivo è arrivare a 8 milioni di tonnellate di produzione a fine piano contro le 4,5 previste per il prossimo anno, tra Afo a carbone, forni elettrici e preridotto a gas, una tecnologia pulita che riduce fortemente le emissioni. Il secondo punto prevede una schema di tutela occupazionale con vari strumenti di accompagnamento da utilizzare nei 4-5 anni di piano. Sarebbe poi garantito l'ingresso dello Stato, con modalità al vaglio del Mef. A partire dall'opzione Invitalia. Infine - e questo è il quarto punto - l'ex-Ilva avrebbe un futuro nel segno dell'idrogeno. È su questi punti che Palazzo Chigi intende impostare d'ora in poi la trattativa. Ieri Arcelor-Mittalia ha chiesto la terza proroga per 13 settimane dell'intervento di Cassa integrazione ordinaria (Cigo) a Taranto per un numero massimo di 1.273 dipendenti (900 operai, 104 intermedi e 269 impiegati e quadri) a partire dal 30 dicembre prossimo.
«Il progetto» di ArcelorMittal «che ci è stato anticipato non va assolutamente bene, è molto simile a quello originario, lo respingiamo». ha detto ieri il premier: «Lavoreremo durante questo negoziato - ha assicurato - agli obiettivi prefissati con il signor Mittal e che il signor Mittal si è impegnato con me personalmente a raggiungere. E ci riusciremo».
IL CONTRATTO STRAPPATO
A spingere ArcelorMittal a trattare rimane la minaccia di pagare il conto salato che spetta a chi non mantiene i patti. Sarà meglio riavviare la trattativa entro il 20 dicembre, data in cui il Tribunale di Milano tornerà a esaminare il contenzioso tra i commissari straordinari e il gruppo franco-indiano sulla richiesta di recesso. Patuanelli è convinto che se il giudizio andrà avanti (ora è sospeso in attesa degli sviluppi della trattativa) e se si arriverà a sentenza, ArcelorMittal avrà la peggio. Sulla stessa linea sono i sindacati. che ricordano l'impegno della multinazionale a mantenere, indipendentemente dalla situazione del mercato, 10 mila posti di lavoro fino al 2023 con una penale prevista di 150 mila euro su ogni lavoratore messo alla porta sotto quella cifra.
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