Eni inverte la rotta, stop al petrolio «Produrremo solo energia pulita»

Sabato 29 Febbraio 2020
Eni inverte la rotta, stop al petrolio «Produrremo solo energia pulita»
LA STRATEGIA
ROMA Un gruppo Eni senza petrolio o quasi? Si può fare. Ci vorranno anni, l'obiettivo è fissato al 2050, dice il nuovo piano firmato da Claudio Descalzi, al giro di boa del suo secondo mandato alla guida del gruppo. Ma si può fare. Già nel 2035, a quanto sembra, secondo lo stress test fatto dalla stessa Eni, il gruppo potrebbe chiudere il settore idrocarburi, ora così centrale, e stare in piedi senza problemi incassando il valore di quasi tutte le riserve di petrolio in portafoglio (il 94%) e mettendone in produzione l'85%: il punto di pareggio è a 20 dollari il barile mentre l'assunzione di fondo è un prezzo medio del Brent a 50 dollari (il valore attuale). Dunque «non abbiamo straded assets», vale a dire infrastrutture destinate ad incagliarsi in un'economia che guarda agli accordi di Parigi sulla riduzione delle emissioni, assicura Descalzi. Tanto per chiarire che Eni non rischia di inciampare nella profezia di molti che vedono le aziende Oil&Gas di tutto il mondo perdere svariati miliardi di dollari nei prossimi anni a causa di progetti non più remunerativi, resi obsoleti dall'espansione delle risorse rinnovabili, oltre che lontani dalla sostenibilità. La quota della componente gas dovrà essere almeno del 60% al 2030 per arrivare all'85% nel 2050. Fin qui il piano della trasformazione radicale del gruppo che sarà completa fra 30 anni. Nel frattempo la rivoluzione green di Descalzi prevede 4 miliardi di investimenti - il 30% in più - sulla decarbonizzazione fino al 2023, di cui 2,9 puntati sulle rinnovabili. Si tratta del 20% degli investimenti previsti dal gruppo (pari a 32 miliardi) nei prossimi quattro anni. Anni in cui continueranno ad avere il loro peso, e non potrebbe essere altrimenti, per rendere sostenibile la transizione. Ci vuole tempo per una trasformazione così profonda. Il picco della produzione (con crescita annua del 3,5%) è previsto nel 2025, poi scatterà la riduzione progressiva. Per arrivare fra 30 anni alla riduzione dell'80% delle emissioni nette. Lo hanno previsto società come Repsol e Bp, ma non altri big Usa più pesanti. Il tema è molto caro invece alla nuova Bce guidata da Christine Lagarde.
LE TAPPE
Il cuore della nuova strategia sarà la flessibilità. Una componente necessaria per modulare gli investimenti in funzione dell'evoluzione del mercato che sarà resa possibile proprio dal tipo di asset «non straded», aggiunge Descalzi. Del resto ci sono due differenze cruciali nella nuova rotta. «Si tratta di un piano diversificato con obiettivi di decarbonizzazione che fa leva sull'innovazione tecnologica - spiega il manager - dalla riconversione degli impianti allo sviluppo delle rinnovabili». Ma si punta anche su «una grande integrazione delle funzioni», come dimostra l'obiettivo di fornire energia «agli oltre 20 milioni di nostri clienti retail previsti al 2050 nei Paesi Ocse». Un modo in più per allontanare il gruppo dalla volatilità e dall'esposizione agli idrocarburi. Non solo. Per rendere sostenibili le produzioni gas, Eni scommette su progetti di conservazione delle foreste e di cattura della Co2 per più di 40 milioni di tonnellate/anno al 2050. E intende sviluppare più di 55 Gigawatt di capacità di energie rinnovabili.
Sullo sfondo resta l'obiettivo al 2023 di nuove scoperte per 2,5 miliardi di barili equivalenti e la generazione di un flusso di cassa superiore a 25 miliardi. Sempre al 2023 i clienti retail dovranno essere 11 milioni. La neutralità di cassa (il livello al quale si copre l'attività economica del gruppo) scenderà da 55 a 45 dollari al barile. E la cedola 2020 salirà del 3,5% a 0,89 euro. Alle spalle c'è un anno segnato dalle tensioni geopolitiche (a partire da quelle in Libia) e dalle pressione sul prezzo del petrolio. Di qui la scelta di diversificare in Norvegia e negli Emirati Arabi. Nel 2019 la produzione di petrolio e gas è salita a 1,87 milioni di barili al giorno, mentre il risultato netto del gruppo è di 0,15 miliardi ridotto del 96% a fronte di utile netto adjusted a 2,88 miliardi (-37%). Ma il dividendo 2019 si conferma a 0,86 centesimi per azione. Il 2020 sarà segnato dal coronavirus e dal calo del petrolio? «Il rumore di fondo è così forte che non è il momento misurare ora l'impatto. Ma sarà comunque transitorio». Descalzi ne è convinto.
Roberta Amoruso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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