Sguardo centenario sulla disfatta in Russia

Venerdì 24 Gennaio 2020
IL PERSONAGGIO
È difficile uscire dal paradiso della Russia, scrisse ironicamente nel 1946 mentre era detenuto in un campo di prigionia. Lui ci riuscì dopo quattro anni di detenzione, accompagnato dalle tre cose che si era tenuto stretto: la fede, la voglia di vivere e quell'orologio sfuggito a tante perquisizioni a cui deve il soprannome Bassil'ora (perché gli altri detenuti gli chiedevano ogni giorno Bassi, l'ora?, in attesa dell'unico pranzo concesso).
CLASSE 1919
Giuseppe Bassi di Camposampiero (Padova), a quasi 101 anni, è uno dei pochi testimoni viventi della Campagna di Russia, dove arrivò nel febbraio del 1942, Sottotenente del 120° Reggimento Artiglieria Motorizzata, Divisione Celere; catturato alla vigilia di Natale, fu imprigionato a Tambov, Oranki e poi Suzdal; la libertà arrivò solo 4 inverni più tardi. La sua storia è ora raccontata nel documentario Bassil'ora Storia di prigionia dalle gelide terre russe, una produzione Emera Film, che verrà proiettato a Udine al Cinema Centrale domani alle ore 18, alla presenza della regista Rebecca Basso e del protagonista.
IL RICORDO
Una data non casuale: il giorno successivo verrà celebrato il 77° anniversario della Battaglia di Nicolajewka, simbolo di quella tragica guerra, con una cerimonia al Tempio di Cargnacco, uno dei luoghi in cui il film è stato girato. Nel documentario, ricco di animazioni e immagini (compresi i disegni che Bassi fece al tempo della prigionia e che aiutarono anche a individuare le fosse comuni), è lo stesso reduce a raccontare la sua storia all'attrice Karina Arutyunyan (che interpreta un personaggio di finzione, un'insegnante di matematica), incontrata proprio a Cargnacco. Da quell'incontro esce una testimonianza dura e intensa, ma allo stesso tempo dolce, di quell'immane tragedia. «Io e Luca Bozzato, con cui abbiamo scritto soggetto e sceneggiatura, stavamo facendo una ricerca sulle memorie della prima guerra mondiale racconta Rebecca Basso - e per caso siamo finiti a casa di Giuseppe. La sua storia, l'abbiamo conosciuta solo qualche anno dopo e abbiamo deciso che volevamo intervistarlo. All'inizio, l'idea non era di girare un documentario, ma quando abbiamo sbobinato tutto il materiale ci siamo resi conto che è una persona incredibile, con un animo straordinario e abbiamo capito l'importanza di raccontare la sua vicenda e darle visibilità».
MESSAGGIO DI TOLLERANZA
Così è nato il progetto del documentario e la scelta di affiancare nella narrazione un personaggio fittizio: «Non volevamo usare una fredda terza persona continua la regista - e abbiamo deciso di creare una sorta di Virgilio femminile e proveniente dalla Russia. Di fatto, Karina è uzbeka, rifugiata politica in Italia e i suoi nonni hanno davvero combattuto sul fronte russo. Erano mezzi ebrei e mezzi armeni e sono finiti in un campo nazista».
SEMPRE VITALE
La scelta di un personaggio russo è servita tra l'altro a trasmettere un altro messaggio di Bassi: «In Russia, Giuseppe ha sofferto tanto: la fame, il freddo, la prigionia eppure ha comprensione per il popolo russo. Dice che li abbiamo invasi e quindi dovevano difendersi. Porta un insegnamento di pace e fratellanza, ci tenevamo a mostrarlo. In questi tempi bui, in cui la tolleranza e la comprensione sono distanti dalla nostra vita quotidiana, vedere quanta ne abbia lui, nonostante i dolori e le ferite profonde, è incredibile e lascia il segno. I bambini gli chiedono: Ma tu non volevi vendicarti? e lui risponde No, io volevo tornare a casa per raccontare quello che è successo. Testimonianza, non vendetta: è un messaggio meraviglioso e importante, per i ragazzi e non solo. Ogni tanto nei suoi occhi riaffiora il dolore, ma il suo è un atteggiamento positivo verso la vita, che si vede in tutto ciò che racconta e in ciò che fa. E la forza del suo racconto sta anche in questo».
Alessia Pilotto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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