«L'Home si aprirà a un pubblico pop»

Mercoledì 17 Luglio 2019
L'INTERVISTA
MESTRE Home Venice Festival, ecco i numeri dei biglietti. Amedeo Lombardi, organizzatore dell'Home Venice Festival, dà i dati dell'edizione zero dell'evento, che lo scorso weekend ha riportato la grande musica al Parco San Giuliano. Biglietti venduti?
«Intorno ai 5.300 venerdì, 12.000 sabato, 6.200 nella giornata di domenica. Molte di queste presenze, quasi il 15%, erano locali, e hanno sfruttato l'opportunità che ha dato il Comune di avere i biglietti scontati del 60% per i residenti. Abbiamo una mappa che abbraccia tutto il mondo. Ci sono ragazzi che sono arrivati dall'Australia, dagli Stati Uniti, dalla Finlandia, dalla Russia. I quattro angoli del mondo coperti»
Hai voluto portare le tendenze più giovanili a Venezia. Hai chiamato più di cento artisti. Un bilancio musicale?
«Dovevamo dare un segno e un senso alla manifestazione. Come in tutte le nostre manifestazioni musicali, e non penso solo all'Home Festival di Treviso, ma anche quelle all'estero, avevamo il sogno di capire cosa funzionava o meno. Siamo andati in una direzione. Andremo ad allargare lo spettro non tanto delle tendenze musicali, perché le cose che funzionano sono comunque quelle, ma ci apriremo anche ad altri tipi di pubblico, più pop. Una ricerca deve esserci sempre. Per esempio, è passato un po' in secondo piano il fatto che avevamo l'unica data in Italia dei Bloc Party. Era anche l'unica volta che si esibiva il rapper Young Thug, che negli Stai Uniti è considerato il non plus ultra della musica trap, ma in Italia fa fatica ad avere determinati numeri. Io credo che ci dovrà essere sempre una linea internazionale che strizzi l'occhio ai ragazzi che vengono da tutto il mondo».
Cosa non ha funzionato?
«È un progetto pluriennale, che si sviluppa sulla distanza. Il paragone con l'Heineken Jammin' Festival è sbagliato. È una manifestazione avvenuta dieci anni fa. Si è evoluto il parco, la ricchezza dei servizi. Il vero artista, e forse non siamo riusciti a comunicarlo bene, è quello che crea l'esperienza nel proprio parco. Il mio sogno sarebbe che le persone, a prescindere dall'artista, venissero per vivere quell'esperienza, che è un modo di consumare musica, perché alla base c'è la voglia di vivere il luogo. A Venezia ci sono i presupposti per andare in questa direzione. Se a livello mondiale può aggiungersi un altro festival, San Giuliano è il luogo adatto».
E le conseguenze che le defezioni hanno provocato sul pubblico, che ne pensi?
«È vero che ci sono state delle defezioni, ma a parte quella di Aphex Twin, non è mancata la parte di esperienza e soprattutto la sicurezza. In tre giorni tutti sono arrivati e tornati a casa, e oggi ci ringraziano per aver conosciuto il parco. Questa è la chiave del successo».
Avevate aspettative più alte?
«Bisogna vederla come una start up. Abbiamo fatto un investimento, e quello che non abbiamo visto nell'immediato lo vedremo nei prossimi anni. Volevamo che le persone capissero che la manifestazione è diversa da un singolo concerto o da una semplice rassegna».
Filomena Spolaor
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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