FESTIVAL
Tra quanti, in questi anni, hanno contribuito alla crescita del Polesine

Martedì 2 Giugno 2020
FESTIVAL
Tra quanti, in questi anni, hanno contribuito alla crescita del Polesine dal punto di vista artistico c'è sicuramente Melania Ruggini. Ideatrice, nel 2012, di Deltarte (festival annuale itinerante dedicato agli artisti under 35), ha poi unito quest'ultimo a Voci per la libertà, dando origine ad Arte per la libertà, festival dell'arte per i diritti umani. Nata a Cavarzere 42 anni fa, ormai vive stabilmente a Rovigo. Come sono nati i tuoi progetti artistici? «Dopo la laurea in storia dell'arte contemporanea a Ca' Foscari, avevo iniziato a lavorare come assistente in alcune gallerie d'arte. Bella esperienza, ma si tratta di spazi molto autoreferenziali: il gallerista promuove solo i propri artisti e secondo logiche di mercato. Ho preferito diventare ufficio stampa nell'organizzazione di eventi culturali. Con la crisi economica è iniziato un periodo molto difficile. Perso il lavoro, sono entrata in depressione per alcuni mesi. Per aiutarmi un'amica mi ha suggerito di inventarmi qualcosa per partecipare al bando CulturalMente della Fondazione Cariparo. Ho capito, allora, che potevo iniziare a guardare meglio ciò che mi circondava. Valorizzando, dunque, ciò che sottovalutavo nel mio territorio. È quindi nato Deltarte»
L'ARTE SALVA SEMPRE
Da un momento di crisi, può quindi nascere un'idea. «Se credi davvero in un progetto poi riesci a vincere le difficoltà. La cultura salva sempre. Per i primi tre anni, col festival, eravamo andati avanti con i finanziamenti della Fondazione, poi abbiamo sempre fatto le corse per trovare gli sponsor. Ma il festival è ancora vivo. Anche quest'anno abbiamo vinto il bando: potremo creare una app per un itinerario del Polesine a partire dai murales realizzati da noi, in questi anni, nella provincia: ormai una cinquantina, contando anche quelli nati dalla collaborazione con le scuole. Oltre al cicloturismo e ai giri in barca, faremo conoscere questi musei a cielo aperto».
Dai spesso voce anche a persone che, abitualmente, non ce l'avrebbero. Come all'installazione Love Difference. «L'anno scorso ho proposto questo intervento artistico nelle strade di Rovigo, in collaborazione col circolo Arci Ago e filo, rivestendo alberi e panchine con lana intrecciata secondo una tecnica che si chiama yarn bombing. Abbiamo poi pensato a un portachiavi gigante chiamato Love is a key realizzato a mano con legno di recupero di bancali. Per il progetto ci siamo rivolti agli utenti con disabilità mentale di associazioni e cooperative come la Porto Alegre di Rovigo, la Ca' Rossa di Castelnovo Bariano e il Centro Lavoro Guidato di Badia Polesine. Le persone coinvolte erano molto emozionate perché si sentivano protagoniste per la prima volta nella loro vita».
I tuoi progetti piacciono proprio perché sono davvero alla portata di tutti, nella creazione o nella fruizione. «Mi interessa un'arte contemporanea che non sia di nicchia. Adesso mi piacerebbe lavorare con gli anziani, i più colpiti dal covid. Devo molto alle generazioni più anziane, cui mi sono sempre rivolta, intervistandoli per la memoria del territorio. Allo stesso modo sarò sempre grata alle generazioni più giovani. Quando inizialmente proponevo i miei progetti, per bypassare i commenti per lo più negatici del pubblico adulto, ho proposto i miei laboratori nelle scuole. Quei ragazzi, tornati a casa, parlavano del festival alle famiglie e questo ci ha permesso di farci conoscere e di crescere».
Hai conosciuto tanti artisti famosi, da Maurizio Cattelan a Mimmo Paladino. Che insegnamento è arrivato, da loro? «La mia tesi di laurea era incentrata sull'arte povera e quindi, in quell'occasione, avevo provato a chiedere di intervistare Michelangelo Pistoletto. Inizialmente ero scettica, invece lui mi ha invitato subito alla sua Fondazione. È uno dei più grandi artisti del Novecento, ma io mi sono trovata di fronte a un uomo umilissimo e disponibile, che ti ascolta e ti mette a tuo agio. È stato un suo grande insegnamento. Oltre al più importante, cioè quello di sapersi reinventare sempre, nell'arte e nella vita».
Marcello Bardini
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